L’Avvento con Gregorio Magno. 12 dicembre 2023, secondo martedì di Avvento.
“Consolate, consolate il mio popolo” (Is 40, 1). È l’inizio magnifico e commovente della seconda parte del libro di Isaia. È l’avvento della consolazione: dopo le tenebre più fitte, il Signore farà risplenderà la luce, dopo l’angoscia dell’attesa, eromperà la gioia. Questa consolazione, l’unica capace di fasciare ogni ferita, asciugare ogni rimpianto e redimere ogni male, noi non possiamo realizzarla, ma solo riceverla. È Gesù il vero adempimento della promessa di Isaia che, “come un pastore”, “raccoglierà gli agnelli in braccio”; anche i più piccoli, i deboli e gli indifesi tra di loro troveranno in Gesù affetto e sicurezza. Con sant’Ambrogio invochiamo: “Vieni signore Gesù, cerca il tuo servo, cerca la tua pecora spossata. Vieni da me, che sono andato errando lontano da quel da quel tuo gregge sui monti […] Vieni ad operare la salvezza sulla terra, la gioia in cielo“. Ti abbiamo trovato davvero, Gesù, perché tu ci sei venuto incontro sulle nostre strade di peccato: se tu non venivi sulle mie tracce, se tu non ti lasciavi crocifiggere da me, ti avrei forse cercato, ma non ti avrei mai trovato.
Pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio
Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non del solo credere, ma anche dell’operare. Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch’è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l’anima si sazia senza fine del cibo della vita. Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S’infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s’infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già un camminare. Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare.
Dalle Omelie sui Vangeli XIV, 3-6