L’Avvento con Gregorio Magno. 11 dicembre 2023, secondo lunedì di Avvento.
“Oggi abbiamo visto cose prodigiose“. La fede è scoperchiare il tetto, è provocare Gesù all’impossibile. E Gesù accetta la sfida: vede la fede del malato e il coraggio creativo dei quattro uomini. A quell’uomo paralitico, immobilizzato nella sua infermità, Gesù rivolge una parola inaudita: “Ti sono rimessi i tuoi peccati“, come se la vita del paralitico potesse ritrovare la freschezza di un fanciullo, come se potesse tornare bimbo appena nato. Ma l’amore del Figlio di Dio per l’uomo non conosce ostacoli. Noi ci riteniamo potenti, quando siamo capaci di comandare, influenzare, persino far del male e distruggere. La vera forza sta invece nel creare e risanare. Per andare verso Gesù si cammina insieme agli altri: se qualcuno non riesce a farlo, dobbiamo farci carico della sua debolezza; quando saremo noi ad essere deboli, saranno gli altri a farsi carico della nostra debolezza. “Amando il prossimo e interessandoti di lui, tu camminerai” – scriveva sant’Agostino – “Al Signore non siamo ancora arrivati, ma il prossimo lo abbiamo sempre con noi. Porta dunque colui assieme al quale cammini, per giungere a Colui con il quale desideri rimanere per sempre“.
Questo Servolo, paralitico per lungo tempo, ebbe la forza di perseverare nel bene
Stava sotto il portico per il quale passa chi va alla Chiesa di S. Clemente un uomo chiamato Servolo, che molti di voi hanno conosciuto: povero di sostanze, ma ricco di meriti, distrutto ormai da una lunga infermità e dalla paralisi che lo rese immobile dalla fanciullezza sino al termine della vita. Non poteva in alcun modo reggersi, sorgere dal lettuccio o porsi a sedere, servirsi delle mani e girarsi sui fianchi. La madre e il fratello lo assistevano, e tutto ciò che egli prendeva in elemosina lo dava per le loro mani ai poveri. Era analfabeta, ma, avendo comperato i libri della Bibbia, pregava i religiosi che venivano a fargli visita di leggergli a lungo brani delle Sacre Scritture. Avvenne cosi che acquistò una notevole conoscenza della Sacra Scrittura, limitatamente alle sue possibilità, essendo del tutto privo di istruzione. Cercava, nel dolore, di ringraziare Dio e di innalzare a Lui lodi e canti notte e giorno. Quando giunse il tempo del premio destinato a tanto dolore, la malattia colpi gli organi vitali. Sentendosi ormai prossimo alla fine, invitò i pellegrini e tutti quelli venuti a fargli visita ad alzarsi ed a cantare con lui i salmi in preparazione alla morte. Mentre, moribondo ormai, si univa alla salmodia, all’improvviso li fece tacere ed esclamò a gran voce, pieno di ammirazione: “tacete, non sentite le lodi sublimi che risuonano nel cielo?” E mentre tendeva lo spirito a quelle lodi pregustate nell’intimo, la sua santa anima lasciò il corpo. Mentre questo avveniva un profumo soavissimo si diffuse e tutti i presenti avvertirono la paradisiaca fragranza, comprendendo così che tra gli inni di lode l’anima era tornata a Dio. Un nostro monaco, ancora in vita, era presente al fatto e attesta, tra le lacrime, che il profumo soavissimo non lasciò i loro sensi fino a quando il corpo fu portato alla sepoltura. Ecco come egli lasciò questa vita, avendone sopportato i dolori con grande virtù. Secondo la parola del Signore quindi, quel terreno, dopo la paziente fatica, diede i frutti: arato col vomere della sofferenza, giunse alla raccolta e al premio. Pensate ora, vi prego o fratelli; carissimi, quali attenuanti potremo presentare nel severissimo giudizio noi, pigri nel bene, pur avendo ricevuto vigore e sostanze, se un povero paralitico attuò alla perfezione i precetti del Signore. Il Giudice non ci mostri allora gli Apostoli, che portarono con sé, i nel Regno, turbe di fedeli con la loro predicazione, né i martiri che raggiunsero la patria versando il loro sangue. Che diremo allora, vedendo questo Servolo, di cui abbiamo parlato, che, paralitico per lungo tempo, ebbe tuttavia la forza di perseverare nel bene? Riflettete su questo, fratelli, decidetevi a compiere il bene: proponendovi di imitare l’esempio dei buoni, possiate in quel giorno ottenere lo stesso loro premio.
Dalle Omelie sui Vangeli XV, 5