Papa Francesco alla conquista dello spazio: tutto pronto per la missione Spei Satelles. Il minisatellite che lascerà presto la Terra, a bordo di un razzo SpaceX, porterà un messaggio di pace e speranza da parte di Papa Francesco, inciso su un nanolibro e trasmesso in inglese, spagnolo e italiano e benedetto dallo stesso pontefice nel corse dell’udienza del 29 marzo. Viaggerà a bordo di un razzo Falcon 9 di di Elon Musk con un lancio previsto dalla base di Vandenberg, in California. Quasi un anno fa, il 2 luglio 2022, Elon Musk andò in visita, a sorpresa, a Santa Marta, con quattro figli ad incontrare Papa Francesco.
Spei Satelles, in latino “satellite” ma anche “custode della speranza” è una missione coordinata dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione e il CNR, che dovrebbe portare nello spazio, a una quota di 525 km, la preghiera di Papa Francesco, ispirata al messaggio pronunciato il 27 marzo 2020, all’inizio della pandemia. Momenti indimenticabili quando, da solo sul sagrato di piazza San Pietro, Papa Francesco aveva rivolto un discorso di incoraggiamento a tutto il mondo, che affrontava spaventato l’ignoto virus. In quell’occasione il Pontefice aveva pregato e benedetto tutto il popolo di Dio, invitandolo a “dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare” e a “trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà”.
Aprire nuovi spazi: detto fatto. Questa preghiera, leggermente modificata, così come quelle immagini sul sagrato, saranno mandate nello spazio, incise in minuscoli caratteri leggibili solo da dispositivi nanotecnologici. Il nanobook, spesso appena 2 millimetri – praticamente come la punta di una penna – si inserisce in un mini-satellite progettato dagli studenti del Politecnico di Torino. Mini, perché la sua lunghezza è di 30 centimetri e il peso è di 3 kg, ma sarà in grado di rimanere in orbita per 12 anni. Mini, come un seme di speranza, in tempo di guerra, per un richiamo concreto alla pace e la fraternità umana. Nel corso del suo viaggio celeste, Spei Satelles trasmetterà un segnale radio ricevibile anche con apparecchiature amatoriali, accessibili a tutti: un viaggio veramente “cattolico” ed “ecumenico”, nel senso che coinvolgerà tutti gli abitanti del pianeta.
Il logo della missione, realizzato dagli studenti e dai docenti dell’Istituto Universitario Salesiano IUSVE di Venezia.,richiama le due S, iniziali di “Spei Satelles”, disposte in maniera speculare, a indicare il cielo e la terra; poi una traccia orbitale esterna e tratteggiata, come i 59 grani del rosario. Presenti anche la croce, richiamo a Cristo Re dell’Universo, la stella a 12 punte, richiamo a Maria coronata da 12 stelle e un piccolo triangolo, come la figura del Santo Padre mentre sale i gradini del sagrato di Piazza San Pietro.
L’uso di un satellite artificiale con il nanobook mostra ancora una volta, se fosse necessario, l’ormai fecondo dialogo tra scienza e fede. E questo vale anche per le missioni spaziali. Già San Giovanni XXIII, nel radiomessagio del 12 agosto del 1962, commentava così le prime imprese sovietiche: “I popoli, e in particolare le giovani generazioni, seguono con entusiasmo gli sviluppi delle mirabili ascensioni e navigazioni spaziali. Oh! come vorremmo che queste intraprese assumessero significato di omaggio reso a Dio creatore e legislatore supremo. Questi storici avvenimenti come saranno segnati negli annali della conoscenza scientifica del cosmo, così possano divenire espressione di vero e pacifico progresso, a solido fondamento della umana fraternità”.
Qualche anno più tardi, Armstrong e Aldrin compiono la celebre passeggiata lunare. Erano gli anni del pontificato di San Paolo VI, che seguì l’esito della missione dell’Apollo 11 e rese poi omaggio agli americani, ricevendoli in udienza: “L’uomo ha la tendenza naturale a esplorare l’incognito, a conoscere il mistero; ma l’uomo ha anche timore dell’incognito. Il vostro coraggio ha superato questo timore e, con la vostra intrepida avventura, l’uomo ha compiuto un altro passo verso una maggiore conoscenza dell’universo”.
San Giovanni Paolo II, nel discorso agli scienziati riuniti alla Pontificia Accademia delle Scienze il 2 ottobre 1984, richiamava alla responsabilità del progresso umano: “Tutti questi nuovi strumenti spaziali sono stati raggiunti grazie al grande progresso della ricerca scientifica fondamentale in matematica, fisica, chimica, e mediante lo sviluppo delle tecniche di telecomunicazione scoperte da un grande membro dell’Accademia, Guglielmo Marconi”. Ma la presenza dell’uomo nello spazio “implica anche altre questioni di natura culturale, morale e politica”, come l’eliminazione dell’analfabetismo con la diffusione della cultura che promuova lo sviluppo integrale dell’uomo; il dialogo tra le nazioni per la pace nel mondo e non a fini imperialistici; la raccolta dei dati per affrontare programmi di sviluppo e situazioni di emergenza.
Come dimenticare, poi, il colloquio di Papa Benedetto XVI con gli astronauti del 21 maggio 2021, quando il pontefice si è soffermato sul senso della contemplazione della Terra dall’alto dei cieli e sulla missione che gli possono portare avanti astronauti, soprattutto con i giovani, che vivranno in un mondo molto sensibile alle scoperte spaziali. Dialogo in collegamento che ebbe anche Papa Francesco il 26 ottobre del 2017, su temi che vanno dal posto dell’umanità nell’universo, alla differenza di prospettiva vissuta dagli astronauti, al ruolo dell’”Amore che muove il sole e le altre stelle”.
Dallo spazio la Terra appare senza confini, silenziosa e avvolta di meravigliosa fragilità; di una bellezza che nessuna immagine è in grado di riprodurre. Vedere la terra dallo spazio ha cambiato per sempre l’orizzonte di questo piccolo grande gruppo che è la specie umana: con questa veduta d’insieme dovremmo sviluppare la profonda consapevolezza di essere parte di un tutto, al di là di ogni barriera.