Periodico di informazione religiosa

Oltre il Museo

by | 7 Nov 2023 | Recuperare e condividere

Il terremoto del 2016 ha provocato un vuoto enorme nell’economia e un senso di smarrimento nella vita quotidiana delle nostre comunità e nei luoghi in cui la nostra vita sociale si svolgeva: la piazza, il teatro, il palazzo comunale e soprattutto le chiese, che sono per i nostri borghi ancora un centro di socialità oltre che di fede e devozione.

Abitando in un territorio sismico siamo allenati a reagire con accettazione e resistente tenacia e abbiamo sempre fatto in modo che la vita sia continuata a rifiorire.

L’11 giugno 2022, grazie alla perseveranza e alla generosità dell’Arcivescovo Francesco Massara, siamo rifioriti attraverso la bellezza realizzando il Museo diocesano, MARec Museo dell’Arte Recuperata, e abbiamo ritrovato il tempo per credere al futuro.

Il museo è stato realizzato nel Palazzo vescovile di San Severino Marche che fin dal terremoto ha accolto circa 3500 beni culturali mobili delle chiese inagibili dell’Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche. Grazie a un finanziamento della Commissione Europea, inserito nel POR- FESR 2014- 2020, asse 8, le opere d’arte hanno ritrovato una casa perché il Museo, e soprattutto questo, non è solo un susseguirsi di sale, un posto dove conservare ed esporre dipinti e sculture, ma un luogo vero, dotato di una propria identità. I musei non solo custodiscono capolavori, ma ci raccontano esperienze e, spesso, sempre più spesso, sono essi stessi parte della storia. E la storia che qui abbiamo raccontato è quella delle nostre opere d’arte che, dopo un lungo percorso fatto di spostamenti, catalogazione, depositi temporanei, restauri, finalmente, ritrovano una casa in senso concreto, affettivo, culturale, una dimora dell’anima in attesa di ritornare nei luoghi d’origine.

È stato essenziale ricostruire il contesto in cui esse sono nate, perché ciò che resta non sono solo i tetti, ma anche gli affetti, la vita vissuta, i sogni. Sostanziale è stata, quindi, la scelta di esporre le opere non in ordine cronologico o tipologico, ma per luogo d’origine perché, prima di tutto, gli oggetti d’arte sono parte di un paesaggio collettivamente vissuto, prima di essere oggetto di competenze erudite, e vivono solo se attorno c’è una comunità attiva.

Di fondamentale importanza è stata anche la realizzazione del documentario, che scorre senza fermarsi mai in una sala del museo e anche nel nostro canale YouTube MARec Museo.

Il documentario offre un’occasione di riflessione intorno al senso dei luoghi di questo territorio, così fortemente colpito dal sisma del 2016. La narrazione, suggestiva ed evocativa, è un intreccio di immagini e parole che rivela territori riscoperti come un luogo, anche spirituale, assai più vasto delle località a cui si riferiscono: essi sono spazi in cui si sono avvicendate e sedimentate  vite, storie, esperienze secolari, diverse visioni del mondo. Il percorso porta lo spettatore a vedere tutto questo attraverso molteplici prospettive: da vicino, dall’alto, dal basso, nelle più minute e nascoste sfumature, allo scopo di approssimarsi ai loro innumerevoli significati. Non bastano il cielo e la terra per dire “casa”, ma è necessaria la bellezza, la sola che nominando una località, ci indica anche che essa è abitabile, un luogo di vita.

In questo viaggio per immagini si rivelano le nostre opere d’arte con una potenza tale da rimanerne folgorati: dettagli che ci portano fin dentro il cuore di tavole e tele dipinte, sculture lignee, oreficerie, i cosiddetti “beni mobili” storico-artistici trasferiti dalle chiese dell’Arcidiocesi di Camerino e San Severino Marche e conservati, qui e in diversi altri depositi.

Mentre un importante restauro architettonico era già stato condotto all’indomani del precedente sisma del 1997, con il contributo 8×1000 della CEI, gli attuali interventi nel Palazzo vescovile hanno contemplato l’adeguamento impiantistico che ha consentito di realizzare ambienti idonei all’esposizione, al deposito delle opere d’arte, nonché allo studio e alla didattica. Sono stati anche allestiti spazi per funzioni amministrative e infine particolare attenzione è stata fornita alla creazione di spazi multimediali, necessari non solo ad aumentare l’offerta museale, ma anche a stringere un legame tra i cittadini e le collezioni non solo contemplativo-estetico, ma anche sentimentale, vissuto.

Il museo diventa così un ambiente dove i valori resistono e, per la nostra comunità, un luogo d’incontro, quella piazza che molti nostri borghi non hanno più: una moderna agorà dove percepire, in uno spazio condiviso, ma in modo personale la vibrazione dei colori, l’ampiezza delle pennellate, il contorno di una figura, la forma e il peso delle opere.

Il progetto è stato ancora più ambizioso in quanto, oltre ad esporre e rendere fruibile il patrimonio, si è cercato di reinterpretarlo al fine di renderlo sì fruibile ai visitatori mediante l’esposizione completa e didascalica, ma anche di promuoverne la conoscenza mediante materiali fotografici, testi scritti e video che diventano dunque parte integrante della ragion d’essere del Museo, oggi oltre che ieri.

La realizzazione di questa pubblicazione non è solo la sintesi di un primo passo decisivo in un lungo e complesso percorso di studio, ma è stato anche un impegno economico gravoso che si è deciso di affrontare nella convinzione che presentare in un volume la consistenza e la qualità di un patrimonio museale costituisce l’evidenza di un attento lavoro di approfondimento e ricerca, condotto con rigore e professionalità.

La capacità di documentare scientificamente i diversi materiali, il loro valore artistico, la loro provenienza, la loro storia è uno dei principali standard di qualità per valutare l’efficacia di un’istituzione museale.

Le opere esposte sono rappresentative della splendida arte sacra prodotta da queste terre e per queste terre tra il Duecento e il Settecento. La collezione, suddivisa in tredici sale ognuna delle quali prende il nome del luogo di provenienza delle opere, è composta da settanta pezzi in parte restaurati e altri in attesa di esserlo; per questo, alcuni di questi sono esposti ancora con le velinature apposte nel momento del trasferimento dalle chiese.

Tra i pezzi che caratterizzano l’esposizione, sicuramente risaltano le statue lignee rinascimentali di altezza quasi al naturale lavorate in un unico tronco di pioppo, o salice, o noce salvo il ginocchio o il braccio sporgente che vengono inseriti a parte. Tra questi campeggia la Madonna con il Bambino proveniente dal Santuario di Macereto che può essere interpretata come l’abbraccio più tenero del Rinascimento marchigiano.

Vi sono altresì sculture in legno non molto considerate a causa di una certa durezza di lineamenti, di gote violentemente arrossate più che sfumate, di una cura generale semplicistica, eppure, qui a San Severino Marche, c’è da ricredersi per alcune finezze naturalistiche del corpo umano: non solo i muscoli della bocca, le masse muscolari, le pieghe dell’adipe, ma le eccezionali reti di vene sulle gambe, le braccia, il torace di Cristo Crocifisso e dei tanti San Sebastiano presenti nella collezione tra i quali si distingue uno dei più pregevoli, il San Sebastiano del 1490 proveniente da Valcimarra, una frazione di Caldarola.

Infine un autentico gioiello è la tavola di Lorenzo d’Alessandro del 1491 conosciuta come “Madonna del Monte” che fonde finezza gotica e plasticità mediterranea: un che di statutario dà vigore al corpo, attenuato dal colore distribuito a macchie lievi, l’azzurro, il marrone, il rosa, tutti colori liquidi e senza ombre, distribuiti morbidamente in una sequenza di sfumature. Il risultato è una pittura calda e dolce.

Come dolce e piacevole è venire a visitarci e sostare tra le sale e lo splendido cortile interno.

Barbara Mastrocola, Direttrice Museo diocesano MARec

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