Periodico di informazione religiosa

Terremoto dell’anima. Un bilancio antropologico, teologico e pastorale

by | 30 Ott 2023 | Pastorale dell'emergenza

Sabato scorso, 28 ottobre, abbiamo vissuto l’importante Secondo Convegno Nazionale su il terremoto dell’anima. Pastorale samaritana, per un’azione integrale di sostegno alle vittime delle calamità nella sala Ipogea al Palazzo dell’Emiciclo a L’Aquila; ne tracciamo un bilancio che sia antropologico e teologico-pastorale.

La Chiesa aquilana, la Città, il mondo giornalistico, fedeli e cittadini provenienti da altre realtà vicine e lontane si sono ritrovati per vivere insieme – durante tutta la giornata di sabato – i lavori del Convegno, densi di riflessione teologica, pastorale, sociale, politica, economica, geopolitica. Possiamo affermare che il filo conduttore degli interventi vada ricercato nelle intuizioni e riflessioni proposte, non solo sabato ma in questi anni trascorsi, dall’Arcivescovo cardinale Giuseppe Petrocchi, in merito a una pastorale che abbia la prossimità del buon Samaritano della parabola di Luca 10,29-37. La sua Prolusione, riprendendo il testo lucano, ha messo in evidenza come quei protagonisti ci rappresentino in pieno. Il Samaritano sa mettere in campo degli ottimi mezzi, per aiutare il malcapitato. Emerge, con forza, il tema dell’amore: a Dio e al prossimo. Brilla la logica dell’accoglienza, a discapito di uno «stile esclusivo ed escludente». Lo straniero si mostra «sintonizzato sull’umanità degli altri»; sa passare accanto, rispetto all’andare oltre. Incarna la compassione, cioè la «sofferenza assunta e condivisa». Il Samaritano è ben lontano da: chi si imbatte nel bisognoso ma non lo incontra veramente; chi ha il cuore atrofizzato, un blocco emotivo, l’indifferenza; chi vive una schizofrenia spirituale; chi ha una coscienza narcotizzata. Il protagonista della parabola lucana ci mostra quel cristiano passaggio fondamentale dal “lui” al “tu” al “noi”; quella «mobilitazione permanente del pensiero e dell’azione», la «fattiva ospitalità della sua anima».

L’Arcivescovo coadiutore di L’Aquila, mons. Antonio D’Angelo, nel suo intervento iniziale ha ricordato a tutti che qualsiasi tipo di calamità produce delle ferite; di fronte a esse, tutti – e in particolare noi cristiani – siamo chiamati a stare accanto a chi soffre, a «educare l’intelligenza del cuore; per saper ascoltare, sostenere, accompagnare. Ascoltare per rigenerare e per maturare nella carità».

Il breve intervento del Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio ha lodato il fattivo impegno della comunità ecclesiale in questi territori nel passato e presente tempo difficile: essa è come una «roccia a cui aggrapparsi», un luogo in cui condividere le difficoltà. Roberto Santangelo, Vice Presidente Vicario del Consiglio regionale Abruzzo ha testimoniato la propria esperienza nella tendopoli e porta nel cuore la tenacia e la passione di quella Chiesa che non si arrese di fronte al buio dello scoraggiamento, ma era lì a sostenere la piccola fiammella della speranza. Daniele Raffaele, Vice Sindaco della Città manifesta il proprio orgoglio per il lavoro svolto, a supporto e tutela dei più deboli, delle persone con traumi e povertà. Germana D’Orazio, Consigliere Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, considera la giornata altamente formativa e sottolinea come queste giornate siano altamente formative e deontologiche.

Suor Alessandra Smerilli, Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha testimoniato come il terremoto si avverta davvero nelle viscere, e interpella la comunità tutta nella sfida della organizzazione. Le sue riflessioni sono partite dal Magistero di papa Paolo VI, per esortare a uno sviluppo del «qui e ora», al fine di vivere in equilibrio e crescere più a fondo. Ha ricordato ai convenuti che il motto del loro operare all’interno del Dicastero rimane l’espressione gesuana: «perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), al di là degli obiettivi e delle priorità. I capisaldi del loro agire rimangono: l’ascolto e il dialogo, la ricerca e la riflessione, la comunicazione e la restituzione, il discernimento comunitario.

Il dottor Alessandro Rossi, psichiatra e Ordinario di Psichiatria all’Università degli Studi di L’Aquila, si è soffermato sulla realtà del trauma: sui suoi costi e sulle esperienze individuali e collettive, sul suo ricordo e sulla sua rimozione.

Il rettore dell’Università degli Studi di L’Aquila, Edoardo Alesse, ha ripercorso alcuni avvenimenti storici cittadini legati al terremoto e alle “ripartenze”; ha presentato – inoltre – tutta una serie di progetti e attività che alcune Università stanno portando avanti, con i fondi della Comunità Europea, tra l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria e le Marche.

La relazione di don Luigi Maria Epicoco ha aperto i lavori pomeridiani. Il suo incipit è stato il dramma della vita e della morte di Gesù, inteso non come una fine, bensì come il compimento. Il “grido” aiuta a esprimere il proprio dolore, ma genera – contemporaneamente – un “ascolto” che si riversa nell’impegno e nella decisione, per Dio e i fratelli. Tutto questo traduce il contatto vivo con la realtà, ben al di là delle idealità. Il “cambiamento” che ne consegue genera: un popolo, e non un gruppo di schiavi; la fiducia, a discapito delle sole emozioni e della idolatria. Il suo invito conclusivo è stato alla generatività.

Andrea Riccardi, fondatore della Comunità Sant’Egidio, ci ha fatto riflettere sulla drammaticità della guerra e sul suo giusto “ripudio”. «La guerra è la madre di tutte le povertà»; siamo bombardati da una «falsa propaganda di guerra», ha sottolineato lo storico.

Mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona e già vescovo di Rieti ha inquadrato la realtà del terremoto come una «faglia emotiva, una sconfitta che educa»; e non come un solo evento puntuale. La Chiesa che il Vescovo ha prospettato si apre a una nuova socialità, accorcia le distanze, rivela: «cuore, mani, ferite, cicatrici»; ci ricorda il rischio di una vita che profuma di vangelo e di umanità vera.

L’ultima relazione – quella di don Marco Pagniello, Direttore Caritas Nazionale – ha prospettato orizzonti, ben saldati su radici autentiche, verso una pastorale dei fatti, nella prossimità, con una «prevalente funzione pedagogica», che custodisca i legami e le relazioni, che si senta chiamata a prendersi cura, nel discernimento comunitario e nella fraternità. Accogliendo, sempre, l’invito e l’incoraggiamento gesuano: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19).

Le Conclusioni del cardinale Petrocchi ci hanno consegnato quattro verbi-atteggiamenti, da custodire, incarnare, testimoniare nel mondo e nella quotidianità: «ascoltare; esplorare con intelligenza di fede, speranza e carità; ascoltarsi, nell’intimità personale; farsi voce di chi soffre, è più povero o ai margini».

Da questa giornata e da questo Convegno possiamo portare con noi un ricchissimo bagaglio di esperienze e di competenze, di sofferenze e di propositi, di crescita nel bene e di aiuto reciproco; una luce per il cammino comunitario e personale, per tutte quelle esistenze che desiderano spendersi per il Vangelo e gli altri.

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