Papa Francesco ha incontrato le teologhe e i teologi di tutto il mondo, riuniti in convegno a Roma in questi giorni, lunedì mattina 9 dicembre. Egli ha indicato a tutti i presenti il sogno di «un cuore largo», ovvero «un’immaginazione e un pensiero di ampio respiro», capaci di generare «creatività e coraggio».
Il Pontefice – pensando alla realtà teologica – ha utilizzato l’immagine della luce, affermando: «Grazie alla luce le cose emergono dall’oscurità, i volti rivelano i propri contorni, le forme e i colori del mondo finalmente appaiono. La luce è bella perché fa sì che le cose appaiano ma senza mettere in mostra sé stessa. Qualcuno di voi ha visto la luce? Ma vediamo ciò che fa la luce: fa apparire le cose. Adesso, qui, noi ammiriamo questa sala, vediamo i nostri volti, ma non scorgiamo la luce, perché essa è discreta, è gentile, umile e, perciò, rimane invisibile. È gentile la luce. Così è anche la teologia: fa un lavoro nascosto e umile, perché emerga la luce di Cristo e del suo Vangelo. Da questa osservazione deriva per voi una strada: cercare la grazia e restare nella grazia dell’amicizia con Cristo, luce vera venuta in questo mondo. Ogni teologia nasce dall’amicizia con Cristo e dall’amore per i suoi fratelli, le sue sorelle, il suo mondo; questo mondo, drammatico e magnifico insieme, pieno di dolore ma anche di commovente bellezza».
Il Vescovo di Roma desidera invitare la riflessione teologica a una importante conversione: «La prima cosa da fare, per ripensare il pensiero, è guarire dalla semplificazione. Infatti, la realtà è complessa, le sfide sono variegate, la storia è abitata dalla bellezza e allo stesso tempo ferita dal male, e quando non si riesce o non si vuole reggere il dramma di questa complessità, allora si tende facilmente a semplificare. Ma la semplificazione vuole mutilare la realtà, partorisce pensieri sterili, pensieri univoci, genera polarizzazioni e frammentazioni. E così fanno, ad esempio, le ideologie. L’ideologia è una semplificazione che uccide: uccide la realtà, uccide il pensiero, uccide la comunità. Le ideologie appiattiscono tutto a una sola idea, che poi ripetono in modo ossessivo e strumentale, superficiale, come i pappagalli».
Francesco – infine – ha consegnato a tutti i presenti l’auspicio che la teologia sia resa sempre più accessibile a tutti: «Ora, vorrei lasciarvi un invito: che la teologia sia accessibile a tutti. Da qualche anno, in molte parti del mondo si segnala l’interesse degli adulti per la ripresa della propria formazione, anche accademica. Uomini e donne, soprattutto di mezza età, magari già laureati, desiderano approfondire la fede, vogliono fare un cammino, spesso si iscrivono a una facoltà universitaria. E questo è un fenomeno in crescita, che merita l’interesse della società e della Chiesa. L’età di mezzo è una stagione speciale della vita. È un tempo in cui generalmente si gode di una certa sicurezza professionale e solidità affettiva, ma anche il periodo dove i fallimenti si avvertono con maggiore dolore e sorgono nuove domande mentre si sgretolano i sogni giovanili. In questa fase si può percepire un senso di abbandono e, talvolta, l’anima si blocca. È la crisi della mezza età. E allora si sente la necessità di riprendere una ricerca, magari a tentoni, magari essendo presi per mano. E la teologia è questa compagna di viaggio! Per favore, se qualcuna di queste persone bussa alla porta della teologia, delle scuole di teologia, la trovi aperta. Fate in modo che queste donne e questi uomini trovino nella teologia una casa aperta, un luogo dove poter riprendere un cammino, dove poter cercare, trovare e cercare ancora. Preparatevi a questo. Immaginate cose nuove nei programmi di studio perché la teologia sia accessibile a tutti».