Giovedì 29 giugno 2023, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, alle 9.30, nella Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha benedetto i palli, destinati ai nuovi Arcivescovi Metropoliti, e ha presieduto la Celebrazione Eucaristica. I palli saranno poi consegnati e imposti nelle rispettive Chiese particolari agli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’anno 2023. Tra i 32 nominati, ci sono i due italiani: sono mons. Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e mons. Giovanni Checchinato, Arcivescovo di Cosenza-Bisignano. Il pallio è stato consegnato e non imposto dal Santo Padre, secondo la decisione dello stesso Papa Francesco. A partire dal 2015, infatti, le modalità di conferimento dei palli sono cambiate: non vengono più imposti direttamente dal Santo Padre, ma solo ricevuti dalle Sue mani, in forma privata, una volta terminata la concelebrazione eucaristica. I palli saranno poi imposti a ciascun arcivescovo dai Rappresentanti pontifici nelle rispettive Chiese locali, per favorire la partecipazione dei Vescovi suffraganei e del popolo di Dio, e così aiutare alla comprensione e valorizzazione di questa insegna, in modo che il rito abbia il dovuto rilievo nella comunità ecclesiale.
Il pallio sancisce il legame speciale con il Papa, esprimendo la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, l’arcivescovo metropolita acquista nella propria giurisdizione. Nella sua forma attuale si presenta come una stretta fascia di stoffa tessuta in lana bianca, incurvata al centro così da poterlo appoggiare alle spalle e con due lembi neri pendenti davanti e dietro, guarnito con tre spilli d’oro e gioielli. La lana dei palli veniva tessuta da tradizione dalle monache di Santa Cecilia in Trastevere; poi dal 1909 se ne occuparono i trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Oggi i palli vengono realizzati in modo più semplice e in forma più pratica: il 24 giugno, festa della natività di San Giovanni Battista, vengono portati nella Basilica di San Pietro in Vaticano e lasciati davanti alla tomba dell’apostolo Pietro, fino alla messa del 29.
Nell’omelia il Santo Padre ha parlato delle risposte che, rispettivamente Pietro e Paolo,
“due Apostoli innamorati del Signore, due colonne della fede della Chiesa” hanno dato con la loro vita “alla domanda che Gesù rivolge ai suoi: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15)”. Pietro ha risposto con la sequela, una risposta “frutto di un cammino: solo dopo aver vissuto l’affascinante avventura di seguire il Signore, dopo aver camminato con Lui e dietro a Lui per tanto tempo, Pietro arriva a quella maturità spirituale che lo porta, per grazia, per pura grazia, a una professione di fede così limpida”. Pietro dimostra che, se possiamo rimandare tante cose nella vita, “la sequela di Gesù non può essere rimandata; lì non si può esitare, non possiamo accampare scuse. E attenzione, perché alcune scuse sono travestite di spiritualità, come quando diciamo “non sono degno”, “non sono capace”, “cosa posso fare io?”. Questa è un’astuzia del diavolo, che ci ruba la fiducia nella grazia di Dio, facendoci credere che tutto dipenda dalle nostre capacità”. In tal modo diventa il modello di una Chiesa-in-sequela. Chiesa-in-sequela, capace di dialogare con le donne e gli uomini del nostro tempo e diventare luogo di accompagnamento, di vicinanza, di speranza. Citando Papa Benedetto: «La Chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi» (Omelia nella II Domenica di Avvento, 10 dicembre 2006).
La risposta di Paolo è stata l’annuncio del Vangelo:
“alla domanda “chi è Gesù per me?” non si risponde con una religiosità intimista, che ci lascia tranquilli senza scalfirci con l’inquietudine di portare il Vangelo agli altri. L’Apostolo ci insegna che cresciamo nella fede e nella conoscenza del mistero di Cristo quanto più siamo suoi annunciatori e testimoni. E questo succede sempre: quando evangelizziamo, restiamo evangelizzati. É un’esperienza di tutti i giorni: quando evangelizziamo, restiamo evangelizzati”. Ecco la consegna dei due apostoli: “Portare ovunque, con umiltà e gioia, il Signore Gesù: nella nostra città di Roma, nelle nostre famiglie, nelle relazioni e nei quartieri, nella società civile, nella Chiesa, nella politica, nel mondo intero, specialmente là dove si annidano povertà, degrado, emarginazione”. E poi l’appello rivolto agli Arcivescovi che riceveranno il Pallio: “siate apostoli come Pietro e Paolo. Siate discepoli nella sequela e apostoli nell’annuncio, portate la bellezza del Vangelo ovunque, insieme a tutto il Popolo di Dio”. E infine, il saluto affettuoso alla Delegazione del Patriarcato Ecumenico, inviata da Sua Santità Bartolomeo: “Grazie per la vostra presenza, grazie: andiamo avanti insieme, andiamo avanti insieme nella sequela e nell’annuncio della Parola, crescendo nella fraternità. Pietro e Paolo ci accompagnino e intercedano per tutti noi”. Nella delegazione erano presenti S.E. Job Getcha, Arcivescovo di Telmessos e Sua Grazia Atenagora, Segretario del Santo Sinodo Eparchiale dell’Arcidiocesi di America. Oriente e Occidente, uniti dalla stessa fede e dallo stesso amore per il Signore, nel servizio totale alla Chiesa, che Pietro e Paolo hanno contribuito a edificare.
A mezzogiorno Papa Francesco si è affacciato in Piazza San Pietro per la consueta preghiera dell’Angelus:
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nel Vangelo Gesù dice a Simone, uno dei Dodici: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Pietro è un nome che ha più significati: può voler dire roccia, pietra o semplicemente sasso. Ed effettivamente, se guardiamo alla vita di Pietro, troviamo un po’ tutti e tre questi aspetti del suo nome. Pietro è una roccia: in molti momenti è forte e saldo, genuino e generoso. Lascia tutto per seguire Gesù (cfr Lc 5,11), lo riconosce Cristo, Figlio del Dio vivente (Mt 16,16), si tuffa in mare per andare veloce incontro al Risorto (cfr Gv 21,7). Poi, con franchezza e coraggio, annuncia Gesù nel Tempio, prima e dopo essere stato arrestato e flagellato (cfr At 3,12-26; 5,25-42). La tradizione ci parla anche della sua fermezza di fronte al martirio, che avvenne proprio qui (cfr Clemente Romano, Lettera ai Corinzi, V,4). Pietro però è anche una pietra: è una roccia e anche una pietra, adatta per offrire appoggio agli altri: una pietra che, fondata su Cristo, fa da sostegno ai fratelli per la costruzione della Chiesa (cfr 1 Pt 2,4-8; Ef 2,19-22). Anche questo troviamo nella sua vita: risponde alla chiamata di Gesù assieme ad Andrea, suo fratello, Giacomo e Giovanni (cfr Mt 4,18-22); conferma la volontà degli Apostoli di seguire il Signore (cfr Gv 6,68); si prende cura di chi soffre (cfr At 3,6), promuove e incoraggia il comune annuncio del Vangelo (cfr At 15,7-11). È “pietra”, è punto di riferimento affidabile per tutta la comunità. Pietro è roccia, è pietra e anche sasso: emerge spesso la sua piccolezza. A volte non capisce quello che Gesù sta facendo (cfr Mc 8,32-33; Gv 13,6-9); davanti al suo arresto si lascia prendere dalla paura e lo rinnega, poi si pente e piange amaramente (cfr Lc 22,54-62), ma non trova il coraggio di stare sotto la croce. Si rinchiude con gli altri nel cenacolo, per timore di essere catturato (cfr Gv 20,19). Ad Antiochia si mostra imbarazzato a stare con i pagani convertiti – e Paolo lo richiama alla coerenza su questo (cfr Gal 2,11-14) –; infine, secondo la tradizione del Quo vadis, tenta di fuggire di fronte al martirio, ma incontra Gesù sulla strada e ritrova il coraggio di tornare indietro. In Pietro c’è tutto questo: la forza della roccia, l’affidabilità della pietra e la piccolezza di un semplice sasso. Non è un superuomo: è un uomo come noi, come ognuno di noi, che dice “sì” a Gesù con generosità nella sua imperfezione. Ma proprio così in Lui – come in Paolo e in tutti i santi – appare che è Dio a renderci forti con la sua grazia, a unirci con la sua carità e a perdonarci con la sua misericordia. Ed è con questa umanità vera che lo Spirito forma la Chiesa. Pietro e Paolo sono state persone vere, e noi, oggi più che mai, abbiamo bisogno di persone vere. Adesso, guardiamoci dentro e facciamoci qualche domanda a partire dalla roccia, dalla pietra e dal sasso. Dalla roccia: c’è in noi l’ardore, lo zelo, la passione per il Signore e per il Vangelo, o è qualcosa che si sgretola facilmente? E poi, siamo pietre, non d’inciampo ma di costruzione per la Chiesa? Lavoriamo per l’unità, ci interessiamo degli altri, specialmente dei più deboli? Infine, pensando al sasso: siamo consapevoli della nostra piccolezza? E soprattutto: nelle debolezze ci affidiamo al Signore, che compie grandi cose con chi è umile e sincero? Maria, Regina degli Apostoli, ci aiuti a imitare la forza, la generosità e l’umiltà dei Santi Pietro e Paolo”.