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Papa Francesco e Papa Tawadros II e l’ecumenismo del martirio

da | 12 Mag 2023 | Vita ecclesiale

Città del Vaticano. Nella mattina dell’11 maggio, presso il Palazzo Apostolico, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Santità Tawadros II, Capo della Chiesa copta ortodossa, a seguito dell’Udienza generale tenuta congiuntamente in Piazza San Pietro. Dopo il colloquio privato e la presentazione della Delegazione, entrambi hanno pronunciato un discorso, cui è seguito lo scambio dei doni Al termine, il Santo Padre e il Patriarca Tawadros nella Cappella Redemptoris Mater hanno condiviso un momento di preghiera comune. Riportiamo una sintesi dei discorsi tenuti dalle Loro Santità.

Nel suo discorso Tawadros ha sottolineato la grande gioia di trovarsi “in questa terra, dove predicavano gli apostoli, e che fu abitata da san Marco, l’apostolo che portò la fede in Egitto” e da dove “molti partirono per lunghi viaggi per predicare al mondo intero il nome di nostro Signore Gesù, Redentore e Salvatore” È l’amore il fondamento della vita cristiana e la via principale verso la perfezione e verso Dio, perché Dio è amore “e chiunque lo conosce percorre i passi dell’amore con Lui e verso di Lui”.

Vedo il mondo”, ha proseguito Tawadros, riprendendo la parabola geometrica del monaco Doroteo di Gaza “come un grande cerchio centrato da Dio, e ognuno di noi si trova in un punto del cerchio, e ogni volta che ci avviciniamo a Dio – il centro del cerchio – ci ritroviamo ad avvicinarci automaticamente”. Ai cristiani attende un lungo cammino sulle orme di Colui che ha detto: “Io sono la via” (Gv 14,6). “Per quanto riguarda l’ampiezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza di questo amore”, richiamando la Lettera agli Efesini, “è infinito, perché viene da Dio e non può essere misurato; allora è nostro compito diventare come Lui e amarci di amore incondizionato, gli uni agli altri e il mondo intero”. Un cammino nel segno dell’amore reciproco, quello intrapreso tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica. Durante la visita di Shenouda III a Roma nel maggio del 1973, infatti, Paolo VI ricevette in dono le reliquie di sant’Atanasio, “un padre e un maestro della Chiesa universale”.

Il dialogo è un cammino lungo, “ma sicuro, protetto dai due lati dell’amore: da un lato l’amore di Cristo per noi e dall’altro il nostro amore reciproco”. I santi sono tra i pilastri principali delle chiese, perché “non hanno ceduto di fronte alla tortura e alla persecuzione, dandoci così un esempio vivente nella vera testimonianza di Dio”. Il riferimento è ai 21 copti, martirizzati dall’Isis in Libia e celebrati nella chiesa egiziana dal 2015 ogni 15 febbraio. È l’ecumenismo del martirio: “Oggi presentiamo alla Chiesa una parte dei loro averi immersi nel loro sangue sparso sul nome di Cristo, perché siano ricordati in tutte le Chiese del mondo”, perché “sono diventati modelli ed esempi contemporanei per il mondo intero, testimoniando che il nostro cristianesimo non è una storia passata, ma è ieri, oggi e sempre”.

Papa Francesco ha evidenziato che, se nel cammino ecumenico è importante “guardare avanti e fare memoria”, è però “senza dubbio ancora più doveroso guardare in alto, per ringraziare il Signore per i passi compiuti e supplicarlo di farci il dono della sospirata unità”. Quello che avvenne “a Roma dal 9 al 13 maggio 1973, ha segnato una tappa storica nei rapporti tra la Sede di San Pietro e la Sede di San Marco”, essendo stato “il primo incontro tra un Papa della Chiesa copta ortodossa e un Vescovo di Roma”. L’incontro segnò anche la fine della controversia teologica risalente al Concilio di Calcedonia del 451, con la firma di “una memorabile dichiarazione cristologica comune, che è servita in seguito da ispirazione per simili accordi con altre Chiese ortodosse orientali”. L’incontro aprì una stagione di dialoghi e incontri reciproci:, “perché ha portato alla creazione della Commissione mista internazionale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta ortodossa, che nel 1979 ha adottato i pionieristici Principi per guidare la ricerca dell’unità tra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta ortodossa, firmati da Papa San Giovanni Paolo II e da Papa Shenouda III”. Qui si diceva profeticamente che l’unità non andava concepita come l’assorbimento o il dominio dell’uno da parte dell’altro, ma come servizio di ciascuno per aiutarlo a vivere meglio i doni specifici ricevuti dallo Spirito. “È anche in ricordo dell’incontro del 1973 che Vostra Santità mi venne incontro qui per la prima volta il 10 maggio 2013, pochi mesi dopo la Sua intronizzazione e poche settimane dopo l’inizio del mio pontificato. In tale occasione Ella propose di celebrare ogni 10 maggio la “Giornata dell’amicizia tra copti e cattolici”, che da allora viene celebrata puntualmente dalle nostre Chiese”. E parlando di amicizia, ha proseguito il Santo Padre, “viene in mente la famosa icona copta dell’VIII secolo raffigurante il Signore che appoggia la mano sulla spalla del suo amico, il santo monaco Mena d’Egitto”, detta icona dell’amicizia, “perché il Signore sembra voler accompagnare il suo amico e camminare con lui. Similmente, i vincoli di amicizia tra le nostre Chiese sono radicati nell’amicizia di Gesù Cristo stesso con tutti i suoi discepoli che Egli stesso chiama amici”. Il cammino di amicizia è accompagnato anche dalla testimonianza dei martiri. Da qui l’annuncio di Pap Francesco di iscriverli nel Martirologio Romano: “Sono lieto di annunciare oggi che, con il consenso di Vostra Santità, questi 21 martiri saranno inseriti nel Martirologio Romano come segno della comunione spirituale che unisce le nostre due Chiese”.

Sua Santità Tawadros II aveva presentato al Santo Padre Francesco frammenti degli abiti dei 21 martiri copti, insieme alle reliquie della santa egiziana Caterina di Alessandria (+307), tra le martiri più venerate dalla Chiesa.

Nella medesima giornata Tawadros II ha partecipato ad una conferenza stampa, della quale riportiamo ampi stralci in traduzione italiana.

Condividiamo questi giorni santi nella gioia della risurrezione, che è il segno più importante dell’amore che Dio ha donato all’uomo attraverso la sua crocifissione e risurrezione. Questo amore è la stessa forza che ci fa comunicare gli uni con gli altri e ci unisce nello Spirito di Cristo. L’amore ci fa vedere gli altri come li vede Dio, e ci fa collaborare con loro con sincerità e onestà. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35)”. Salutando la delegazione copta, ha rilevato come “nella sua gente, giovani e bambini, c’è lo spirito di autenticità e modernità Preghiamo con melodie che hanno migliaia di anni e usiamo l’ultima app della Chiesa copta per comunicare con il mondo”. Il Patriarca è tornato a parlare della non facile strada verso l’unità: “Abbiamo affrontato molte sfide e ostacoli nel corso dei secoli, tra cui differenze teologiche, barriere culturali e divisioni politiche. Tuttavia, crediamo che attraverso la preghiera, il dialogo e il rispetto reciproco, Dio opera nella Sua Chiesa, attenendosi saldamente al Suo detto: “E qualunque cosa chiederete nella preghiera, credendo, la riceverete” (Matteo 21:22)”. Per lavorare insieme e promuovere la comprensione tra le diverse comunità cristiane “dobbiamo essere disposti a cercare punti di convergenza, vicinanza reciproca e maggiore comprensione tra tutti noi, in uno spirito di rispetto e comprensione reciproca. A questo proposito, credo che il lavoro del Consiglio per l’Unità dei Cristiani sia essenziale per i nostri sforzi per promuovere l’unità tra le diverse tradizioni cristiane”. Due proficue vie di dialogo sono già state sperimentate: “Da un lato, l’approfondire la nostra comprensione delle reciproche tradizioni. Questo significa studiare la storia, la teologia e la spiritualità delle nostre Chiese”, così come lo scambio di esperienze, “come lo scambio sacerdotale e monastico che è stato realizzato da un gruppo di padri delle Chiese orientali su invito del Vaticano”. Dall’altro lato “dobbiamo lavorare insieme per affrontare le sfide del nostro mondo di oggi, tra cui povertà, ingiustizia e conflitti. Questo significa riconoscere che abbiamo una responsabilità condivisa nel promuovere il bene comune, e che possiamo ottenere di più, quando operiamo insieme”. Tawadros ha riconosciuto l’impegno della Chiesa cattolica, “in termini di creazione di scuole e ospedali ovunque in Egitto”. tu per quello. Anzi, nella storia copta si racconta come “la preghiera ha spostato il monte Mokattam alla periferia del Cairo nel X secolo”. Il riferimento è alla collina che domina il lato est della città del Cairo, oggi molto più nota per i raccoglitori di immondizie di un’enorme discarica. Si tramanda che il califfo dell’epoca, durante una riunione tra rappresentati delle diverse fedi, avrebbe accolto la provocazione dell’ebreo Jacob Ibn Killis rivolta al copto Anba Abram, riguardo il versetto di Matteo 17,20: “Se aveste fede pari a un granellino di senapa, potreste dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterebbe”. Dopo tre giorni di preghiere e digiuni venne scelto un tal Simone, oggi venerato come San Simone il conciatore, per realizzare il miracolo. Egli riuscì a suscitare un grande terremoto, che sollevò Mokattam in cielo per tre volte.

In conclusione l’augurio di Sua Santità Tawadros: “Facciamo dell’amore e della collaborazione il fondamento della nostra vita spirituale, ricordando che siamo tutti membra dello stesso corpo di Cristo e lavoriamo insieme per costruire un mondo più giusto, pacifico e armonioso per tutti gli uomini. “E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodisce i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù”. (Giovanni 4,7)”.

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