«Ecco lo stile di Gesù con chi soffre: poche parole e fatti concreti. […] Sempre fa così: parla poco e alle parole fa seguire prontamente le azioni: si china, prende per mano, risana. Non indugia in discorsi o interrogatori, tanto meno in pietismi e sentimentalismi. Dimostra piuttosto il pudore delicato di chi ascolta attentamente e agisce con sollecitudine, preferibilmente senza dare nell’occhio»; in questa VI Domenica del Tempo Ordinario, papa Francesco – a partire dalla pagina evangelica di Marco 1,40-45: “Guarigione di un lebbroso” – ci fa meditare sullo stile e gli atteggiamenti di nostro Signore Gesù Cristo: Egli nota, si ferma, ha compassione, dona il balsamo divino, invia a testimoniare le meraviglie compiute da Dio nella vita di tutti i suoi figli.
Il Santo Padre ha sottolineato queste caratteristiche del nostro Dio, poiché le odierne relazioni umane vanno in tutt’altra direzione: nel segno della fretta, della superficialità, del mondo dei social; egli ha, infatti, affermato, in riferimento alla vita cristiana: «È un modo meraviglioso di amare, e come ci fa bene immaginarlo e assimilarlo! Pensiamo anche a quando ci succede di incontrare persone che si comportano così: sobrie di parole, ma generose nell’agire; restie a mettersi in mostra, ma pronte a rendersi utili; efficaci nel soccorrere perché disposte ad ascoltare. Amici e amiche a cui si può dire: “Vuoi ascoltarmi?” “Vuoi aiutarmi?”, con la fiducia di sentirsi rispondere, quasi con le parole di Gesù: “Sì, lo voglio, sono qui per te, per aiutarti!”. Questa concretezza è tanto più importante in un mondo, come il nostro, in cui sembra farsi sempre più strada una evanescente virtualità delle relazioni».
I veri sentimenti – ci ricorda il Vescovo di Roma – necessitano di prossimità, cura, perseveranza, calore e affetto: «L’amore ha bisogno di concretezza, l’amore ha bisogno di presenza, di incontro, ha bisogno di tempo e spazio donati: non può ridursi a belle parole, a immagini su uno schermo, a selfie di un momento o a messaggini frettolosi. Sono strumenti utili, che possono aiutare, ma non bastano all’amore, non possono sostituirsi alla presenza concreta».
Le parole del Papa ci invitano a un esame di coscienza: «Chiediamoci oggi: io so mettermi in ascolto delle persone, sono disponibile alle loro buone richieste? Oppure accampo scuse, rimando, mi nascondo dietro parole astratte e inutili? Concretamente, quand’è stata l’ultima volta che sono andato a visitare una persona sola o malata – ognuno si risponda nel cuore –, o quando è stata l’ultima volta che ho cambiato i miei programmi per venire incontro alle necessità di chi mi domandava aiuto?»; facciamole nostre e meditiamole, per la nostra quotidiana vita cristiana: per il nostro cammino di conversione e per cooperare alla redenzione universale, e per testimoniare al mondo la carità divina.