Periodico di informazione religiosa

Prima domenica di Quaresima. La Quaresima con Gregorio Magno

da | 18 Feb 2024 | Monasteria

Prima domenica di Quaresima

La chiamata al deserto è inscritta nel cuore della Chiesa. Il deserto è il luogo in cui appare la simultaneità tra grazia e tentazione, il luogo dell’intimità con Dio, dove Egli sigilla l’alleanza con il suo popolo e parla al cuore degli uomini. Il deserto è anche luogo della ribellione, il luogo in cui Gesù, spinto dallo Spirito, viene ad essere tentato da Satana. Lo scopo del diavolo è sempre di dividere da Dio e del suo progetto: non provoca immediatamente una spaccatura, un rinnegamento o un’abiura; al nemico basta creare un’incrinatura, una fessura che potrà allargare, come una breccia in un muro di difesa. Nel cuore umano, spesso scalfito dal dubbio e della sfiducia verso Dio, prima Satana insinua l’egoismo, che lo spinge a saziarsi da solo. Poi allarga la fenditura con pensieri di orgoglio, quando non ci pare di essere abbastanza apprezzati o in vista; infine con la superbia penetra nella breccia e ci induce a rifiutare le vie del Signore, allontanandoci dall’umiltà e dalla croce.

I monaci del deserto sapevano bene che bisognava spezzare all’istante le piccole suggestioni del maligno, perché queste crescono rapidamente, come un tumore dell’anima, il cui sviluppo mortale diventa ad un certo punto impossibile da contrastare. La tentazione va sempre riconosciuta e combattuta; anche dopo aver riportato la vittoria non ci si può sentire al sicuro. Antonio, padre dei monaci, ne era ben consapevole: “Bisogna attendersi la tentazione fino all’ultimo respiro“. La tentazione fa parte integrante del cammino di ognuno; lo stesso Antonio ripeteva ai suoi monaci: “Nessuno potrà entrare nel regno dei cieli, se non avrà conosciuto le tentazioni. Togli infatti le tentazioni e nessuno sarà salvato“.

Le armi di questa lotta spirituale non riguardano le nostre potenzialità, la nostra santità, la nostra giustizia, la nostra pietà, le nostre opere spirituali e corporali. L’arma della pace, l’arma verità è la persona stessa di Cristo, come se fosse lui stesso a combattere per noi e insieme a noi. Abbiamo sempre questo aiuto divino a nostra disposizione: “Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi” (Rm 16,20). Se vissuta bene, con l’arte della guerra spirituale, anche la più grande tentazione diventa occasione di crescita e maturazione. Custodendo le soglie del nostro cuore con la luce e la forza della Parola, potremo percepire innumerevoli presenze angeliche, quelle stesse che hanno sostenuto Gesù e che ci sostengono al servizio del bene e al compimento della volontà di Dio.

Gregorio Magno, Commento al Primo libro dei Re I, I

L’uomo, creato forte, ma miseramente sconfitto dall’avversario, nella lotta non si mostrò uomo, come gli era stato dato di essere. E così, benché fosse stato creato forte, non poteva la natura umana condannata tener testa al nemico vincitore, se questa natura non fosse stata assunta da colui che era al di sopra degli uomini. E così il nostro Creatore si fece nostro campione nella lotta. Ma se si considera la forza che dimostrò, risulta che è stato un uomo. Egli assunse la nostra natura, che, diventando in lui vittoriosa, ritrovò la nobiltà con cui era stata creata e nel Redentore la debolezza di questa natura si cambiò in forza, mentre in Adamo la sua forza si era cambiata in debolezza.
Nel deserto, mentre digiunava, si accostò a lui il tentatore, il quale, riprendendo in mano le armi che l’avevano reso vittorio-so, scaglio contro di lui le frecce della gola, dell’orgoglio e della superbia, ma in tutto trovò in lui una resistenza invincibile.
Con la vittoria rifulse dunque come uomo, poiché vinse il forte angelo ribelle, già vittorioso, affrontandolo, non con la potenza della sua divinità, bensì con la debolezza della sua umanità. Egli, uomo, in questo mondo scacciò l’antico avversario e con la sua morte lo incatenò nell’inferno. E poiché, dopo aver spezzato con la sua morte la potenza dell’inferno, ci ha aperto con la sua risurrezione l’ingresso all’eternità, ci ha mostrato la grandezza della sua forza, non solo vivendo, ma altresì morendo e risorgendo.

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