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da | 16 Apr 2025 | Teologia

Roma, bufera alla Gregoriana: conferenza sul cristianesimo in Azerbaigian scatena la protesta armena

Una conferenza tenutasi il 10 aprile presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, intitolata “Christianity in Azerbaijan: History and Modernity”, ha scatenato una dura reazione da parte della Chiesa Apostolica Armena e di diverse organizzazioni culturali e religiose. L’evento, organizzato dall’Ambasciata dell’Azerbaigian presso la Santa Sede insieme a istituzioni statali azere, è stato accusato di promuovere una narrazione revisionista che nega le radici armene di antichi siti cristiani nel Nagorno-Karabakh, attribuendoli invece a una presunta eredità “albanese caucasica”. L’assenza di studiosi armeni ha ulteriormente aggravato la polemica, spingendo anche il Patriarcato armeno di Gerusalemme e il Catholicos Aram I a intervenire ufficialmente, denunciando l’uso strumentale della piattaforma vaticana per fini politici e ideologici.

Il nodo del contendere? La narrazione promossa dal governo azero che attribuisce origini “albanesi caucasiche” a monumenti sacri come Amaras, Gandzasar e Dadivank – chiese e monasteri che recano inequivocabili iscrizioni armene e che da secoli rappresentano il cuore spirituale dell’Armenia e dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh). Nessun accademico armeno è stato invitato. Secondo i critici, l’esclusione è stata deliberata, trasformando la conferenza in un’operazione di revisionismo storico ben confezionata.

Il Catholicos di Etchmiadzin ha denunciato pubblicamente l’incontro come una “messinscena propagandistica” e un tentativo di “cancellare e appropriarsi del patrimonio armeno”. Anche il Patriarca Armeno di Gerusalemme ha espresso sdegno, accusando il Vaticano di aver prestato la propria piattaforma accademica a “una pseudo-storiografia sponsorizzata dallo Stato, motivata da interessi politici ed economici”.

In Libano, Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, ha scritto direttamente al Cardinale Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, chiedendo chiarimenti e una presa di posizione.

In un clima già infiammato dalle gravi violazioni dei diritti umani denunciate contro l’Azerbaigian – tra cui la pulizia etnica in Artsakh e la distruzione sistematica del patrimonio armeno – l’evento romano è apparso come l’ennesima ferita aperta nel cuore del popolo armeno. E la Gregoriana, da luogo di dialogo, si è ritrovata – forse inconsapevolmente – palcoscenico di una guerra culturale e identitaria.

Anche l’Arcivescovo Kevork Noradounguian, Ordinario per gli Armeni Cattolici dell’Armenia e dell’Europa Orientale, ha espresso profonda indignazione e preoccupazione in merito alla conferenza. 

In una lettera indirizzata al Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arturo Sosa, S.I., l’Arcivescovo denuncia il rischio che istituzioni accademiche di così alto profilo diventino cattedre di una storia falsificata, in cui le voci delle vittime vengono rimosse o distorte e la sofferenza del popolo armeno ignorata o strumentalizzata.

“Il mio popolo – scrive – ha subito una brutale deportazione dall’Artsakh, e la cancellazione sistematica di una presenza cristiana bimillenaria. Ogni parola che tace o manipola questa realtà è un’offesa che grida davanti a Dio”.

L’Arcivescovo richiama le parole di Papa Francesco e di Sant’Ignazio di Loyola per ribadire che non si può parlare di dialogo mentre si oscura l’oppressione, né educare al discernimento se si rinuncia alla verità.

“La Compagnia di Gesù – conclude – ha formato generazioni alla libertà e alla coscienza: oggi, più che mai, è chiamata ad essere guida lucida, voce profetica, non spettatrice silenziosa”.

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