Di fronte alla prova della malattia, Papa Francesco non si ritira. Si espone. E lo fa con la forza disarmante della semplicità, con la coerenza di chi ha scelto fin dall’inizio un pontificato incarnato nella carne viva dell’umanità.
Tre uscite, tre messaggi potenti. In pochi giorni, il Pontefice ha lasciato il segno con gesti che parlano più delle parole. Lo ha fatto mentre la sua convalescenza continua, mentre la voce torna lentamente più salda, mentre i naselli per l’ossigeno vanno e vengono a seconda dei momenti. Ma soprattutto, lo ha fatto alla sua maniera: senza clamore, senza annuncio, e senza voler nascondere ciò che è — un uomo malato, anziano, ma più che mai pastore.
Il ritorno in piazza: “la Chiesa ha il suo timoniere”
Domenica 6 aprile, la prima immagine: Piazza San Pietro gremita per il Giubileo degli Ammalati e del Personale Sanitario. A sorpresa, Papa Francesco si concede un bagno di folla. In sedia a rotelle, con i naselli per aiutare la respirazione, saluta, sorride, ringrazia per le preghiere. La voce è ancora roca ma determinata: “Ci sono”. È il suo modo per dire al mondo che non si è ritirato, che continua a guidare la Chiesa anche dalla fragilità. È il gesto di un uomo che, invece di nascondersi dietro il dolore, lo trasforma in testimonianza.
Carlo e Camilla: il volto umano della diplomazia
Il 9 aprile, un altro segnale sottile ma eloquente: riceve in forma privata Re Carlo III e la regina Camilla. Questa volta niente naselli, nessuna mascherina. Un incontro riservato ma fortemente simbolico: il Papa sceglie di esserci anche dove il protocollo potrebbe giustificare un’assenza. È un modo per dire che la diplomazia vaticana, la vicinanza, il dialogo tra popoli, non si ferma. Neppure davanti alla malattia.
In Basilica senza talare: un Papa “desacralizzato”?
Poi, il gesto che più di ogni altro ha fatto discutere. A sorpresa, Francesco appare in Basilica per controllare i restauri della Cattedra di San Pietro. Ma non è l’uscita in sé a colpire. È come si presenta: niente talare bianca, niente mozzetta. Solo un poncho sulle spalle, pantaloni neri, una semplice maglia. L’immagine è forte, disarmante: un Papa “scoperto”, quasi spogliato del ruolo. Più che mai uomo tra gli uomini. Forse per coprire un abbigliamento dimesso, forse per ricordare le sue radici sudamericane. Ma certamente per ribadire, ancora una volta, che la sacralità non sta negli abiti, ma nei gesti.
La preghiera alla Salus Populi Romani: il cuore di Francesco
E infine, l’ultimo blitz: la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Qui il Papa si presenta con la talare bianca, zucchetto in testa, un mazzo di rose bianche in mano. Si ferma a pregare davanti alla Salus Populi Romani, l’icona che da sempre accompagna i momenti più intensi del suo pontificato. Ancora una volta in sedia a rotelle, ancora una volta con i naselli. Ma è lì. E prega. E offre, nella sofferenza, la sua preghiera per un’umanità fragile. “La malattia è una delle prove più difficili della vita”, ha scritto nell’omelia letta da monsignor Fisichella. “Ma Dio non ci lascia soli”.
La Pasqua che viene, i riti ancora in sospeso
Intanto, mentre il Triduo Pasquale si avvicina, le domande si accavallano: parteciperà ai riti? Sarà presente o si collegherà da Casa Santa Marta? La risposta è incerta. Anche il meteo, dicono dal Vaticano, potrebbe incidere sulle decisioni. Ma ciò che conta davvero è che Papa Francesco ha già scelto di esserci. A modo suo. Con la presenza silenziosa e potente di chi testimonia ogni giorno che anche la fragilità può essere forza.
In un tempo che idolatra l’efficienza, il Pontefice sceglie la vulnerabilità. In un’epoca che rimuove la malattia, lui la abita e la rende Vangelo. Forse non ci sarà alla lavanda dei piedi. Forse non potrà reggere a lungo l’Urbi et Orbi. Ma con queste tre uscite, ha già predicato. Ha già parlato al cuore della Chiesa e del mondo.
E il messaggio è chiaro: la sofferenza non è un ostacolo alla missione. È la missione stessa.