Dopo una lunga malattia, si è spento a 88 anni a Roma, nella notte tra il 13 e il 14 agosto, il teologo e pastore valdese Paolo Ricca. Nato a Torre Pellice (Torino) nel 1936, era una dellevoci più note e ascoltate del mondo protestante in Italia. Apprezzato per la sua fede e per il suo pensiero da tutto il mondo cristiano, a livello nazionale ed oltre, le sue numerose pubblicazioni, le sue conferenze e le sue interviste, presenti anche su Youtube, sono un’eredità preziosissima per la comprensione della Scrittura e del pensiero umano e continueranno ad essere riferimento comune per la crescita e l‘intelligenza della fede.
Ricca si era formato alla Facoltà Valdese di Teologia a Roma (1954-58), poi negli Stati Uniti (1958-59) e in Svizzera, a Basilea (1959-61), dove conseguì il dottorato con una tesi diretta dal prof. Oscar Cullmann. È stato consacrato pastore della Chiesa valdese nel 1962. Ha esercitato il ministero pastorale nella Chiesa valdese di Forano (1962-66) e di Torino (1966-76). Allievo di Karl Barth, aveva inoltre partecipato come osservatore al Concilio Vaticano II per conto dell’Alleanza riformata mondiale in qualità di giornalista accreditato, stilandone un commento teologico diffuso in diverse lingue. Membro per 15 anni della Commissione «Fede e Costituzione» del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC)con sede a Ginevra, aveva lavorato con impegno in diversi organismi ecumenici. Ricca fu sempre apprezzato per la capacità di declinare il discorso di fede in termini spontaneamente ecumenici, rispettoso e generoso nel riconoscere la specificità delle altrui confessioni. Dal 1976 al 2002 aveva insegnato Storia della Chiesa e Teologia pratica presso la Facoltà Valdese di Teologia di Roma e anche come professore ospite presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. In Italia collaborava regolarmente con il Segretariato Attività Ecumeniche (SAE) ed era stato per due mandati presidente della Società Biblica in Italia. Dirigeva, per la casa editrice Claudiana di Torino, la collana «Lutero. Opere scelte».
Tra i suoi molteplici volumi ricordiamo: Il Cattolicesimo del Concilio, «Quaderni della Gioventù Evangelica Italiana», Claudiana, Torino 1966; Il cattolicesimo del dissenso. Una valutazione protestante, Claudiana, Torino 1969; Alle radici della fede, Claudiana, Torino 1987; Le chiese evangeliche e la pace, Edizioni Cultura della Pace (oggi Giunti), Firenze 1989.Tra i più recenti: Dal battesimo allo «sbattezzo»: la storia tormentata del battesimo cristiano, ed. Claudiana, Torino, 2015; Dell’aldilà e dell’aldilà. Che cosa accade quando si muore?, Claudiana, Torino, 2018; Ego te absolvo. Colpa e perdono nella Chiesa di ieri e di oggi, Claudiana, Torino, 2019; Domande di vita, Claudiana, Torino, 2020; Sermoni, EDB, Bologna, 2020.
Con Paolo Ricca se ne va il teologo che sapeva parlare di Dio con rara profondità. C’è tanta tristezza per la perdita avvenuta, ma anche una profonda gratitudine per la eredità intellettuale e spirituale che ci ha lasciato. Un uomo innamorato delle realtà ultime, che si è speso per l’unità dei cristiani. Chi l’ha conosciuto ne ha sempre sottolineato le qualità di uomo buono, di forte rigore intellettuale e di grande fede, quella fede che ha accolto e trasmesso con passione nel corso della sua intensa vita di uomo di chiesa e di studio. Nel 2022 era anche intervenuto nella Basilica di San Pietro nell’ambito delle Lectio Petri: un fatto storico nella storia millenaria della Basilica, quello di un pastore valdese che ha avuto libertà di parola, tra la cattedra di Pietro e il baldacchino del Bernini,nell’interpretazione del versetto biblico: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Alcuni suoi interventi risuonano profetici, come quello dello scorso dicembre alla Comunità di Sant’Egidio, dove affermava che oggi Gesù nascerebbe a Gaza, disarmato, tra le macerie materiali e spirituali della distrutta città palestinese. Cantore di un Dio supermaterno, impossibile da ingabbiare nel maschile o nel femminile, non ha avuto timore di denunciare la doppia “nazionalizzazione“, russa e ucraina, del “Dio degli eserciti“, esatto opposto del Dio di Gesù, che dichiara beati gli operatori di pace. Avvicinandosi la celebrazione dei 1700 anni del Concilio di Nicea, lo vogliamo ricordare con uno dei suoi ultimi, se non ultimo intervento sulla rivista dell’Associazione Esodo. Una celebrazione può essere anche critica, perché oggi riusciamo a vedere i limiti di tante prese di posizione del passato, come nel futuro altri vedranno i nostri limiti. Per Ricca, fin dall’inizio il cristianesimo è nato plurale e la fede in Cristo non è adesione a una religione, ma è innanzitutto prendere la croce e seguirlo. Le diverse chiese devono ritornare a concentrarsi sull’essenziale dell’esperienza di fede:
“Si possono identificare i contenuti essenziali dell’esperienza di fede in Cristo comuni a tutte le forme di incarnazioni storiche. Questi “contenuti essenziali” possono essere, ad esempio, quelli del Credo niceno costantinopolitano, fissati dai concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381), però a una condizione: quel Credo infatti presenta una grande lacuna: ignora totalmente la vita e l’insegnamento di Gesù, passando direttamente dalla sua nascita (“nacque da Maria vergine”) alla sua passione e morte (“patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso”). Ora, la vita di Gesù fa assolutamente parte dell’“essenziale cristiano”, come già detto in risposta alla prima domanda. Ma l’“essenziale cristiano” può essere espresso in termini anche più stringati di quanto avvenga nel Credo niceno costantinopolitano. Ad esempio potrebbe essere individuato nell’inno di Filippesi 2,5-11, oppure nella semplice affermazione “Gesù è il Signore” (1Corinzi 12,3). Infatti, l’“essenziale cristiano” è Gesù di Nazareth, così come lo conosciamo tramite la Sacra Scrittura e, in particolare, tramite il Nuovo Testamento. Essere cristiani – lo abbiamo detto – è seguire Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Tutto il resto che troviamo nelle Chiese (ed è davvero tanto!), non fa parte dell’“essenziale cristiano”; appartiene a quello che gli antichi teologi chiamavano, con una parola greca, adiàfora, cioè “cose indifferenti”, nel senso di “cose che non fanno la differenza”, “cose trascurabili”, proprio perché non essenziali“.
“Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono“. (Ap 14,13).
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