Che fatica trovare un filosofo con la lettera E che mi appassioni e di cui parlare animatamente ai miei ragazzi a scuola. Un filosofo che inizi per E. Eppure, cambiando prospettiva, domanda, anche di poco, la risposta è arrivata; perché proprio come mi diceva un saggio prete incaricato dell’oratorio che alla scrivania ricuciva i palloni da calcio squarciati da noi bambini, “se si sbaglia all’inizio di pochi millimetri si arriva alla fine ad un errore di direzione anche di qualche metro”. Non c’è un filosofo che mi ispiri, perché il posto nel mio cuore è già occupato da una filosofa, da una donna, una ragazza, una scrittrice, una santa. Etty Hillesum. Ricordo che lessi il diario di Etty quando nel 2015 tornai da una missione in Cina, alla ricerca di un’esperienza forte di solidarietà presso le comunità della Chiesa clandestina che vivevano la fede nel nascondimento perché il Regime perseguitava in maniera sordida i presbiteri cattolici che criticavano la politica cinese o che non erano perfettamente allineati alla politica del Paese. Tornai molto sconfortato dalla realtà che conobbi. Per varie ragioni che non sto qui a raccontare. Ma il giorno dopo essere rientrato in Italia andai in libreria e acquistai la versione breve del Diario di Etty Hillesum (1941-1943), di color verde acqua, che mi affascinò da subito. Portavo sempre con me quel libricino durante le passeggiate nella primavera italiana della mia città, lontano dai grigiori del febbraio cinese. La conoscenza di Etty mi accompagnò poi durante la magistrale in scienze filosofiche e si tramutò nella mia tesi di laurea magistrale Etty Hillesum: il diario e la speranza incarnati nella quotidianità. Così parlo di quello che Etty, giovane olandese di origini russe assassinata ad Auschwitz nel ‘43 all’età di ventinove anni, ha significato per me. Cito dalle Conclusioni del mio lavoro universitario:
“La nuova visione incarnata da Etty Hillesum, concreta risposta di una sapienza e di una speranza incarnate, date a ventinove anni nelle condizioni estreme delle vicende della Seconda Guerra Mondiale, durante la persecuzione nazista nei Paesi Bassi, ci porta ad elaborare una nuova visione di umanità, in quanto il suo corpo, occhi, mani, emozioni, hanno reagito in modo nuovo, inedito, inaudito, all’azzeramento umano che veniva perpetrato. Una vera nuova visione dunque è essenzialmente un germoglio di nuova umanità. Se una nuova visione non è una concreta, seppur potenziale, nuova occasione di ricominciare ad essere uomini, allora non ci interessa. La visione offerta dalla vita di Etty Hillesum è una concreta possibilità incarnata di umanità per oggi, capace di rispondere a tutta la complessità e problematicità esistenziale e psicologica dell’essere umani oggi? Fuori di ciò la cultura è solo genere di lusso, è turismo, è festival. Zero, rispetto a tante pagine del Diario. Una nuova visione ha senso se è germoglio di una nuova umanità, ora. È un’intera figura di umanità quella che sta collassando fuori di noi e dentro di noi oggi, politicamente, psicologicamente, economicamente; questa figura di umanità che potremmo definire bellica, che finora ha saputo e ha tentato per lo meno di rispondere ai problemi della storia e delle relazioni umani in modo bellico, avversativo, sta collassando nelle sue guerre mondiali frammentate e ubique. La cultura è diventata l’orpello, il fiore all’occhiello, la corona di fiori al funerale di questa umanità bellica. Quindi la nuova visione è invece tale se riesce davvero a comunicare un nuovo germoglio di un’umanità inedita. Calandoci ancora di più nel confronto con Etty, in conclusione vorremmo porci tre interrogativi: anzitutto ci chiederemo in che senso Etty ci offra oggi un germoglio di nuova umanità; poi proveremo a vedere quali caratteri essenzialmente di nuova umanità emergente appaiono dietro la sua esperienza; e infine come possiamo favorire l’emersione di questa nuova umanità che, se è vera, sta tentando di formarsi dalle ceneri di un sistema di significati concreti che non reggono più, appartenenti soprattutto all’uomo del ventesimo secolo. Come si può essere un uomo nascente oggi? Qual è il problema all’ordine del giorno oggi? Ce n’è uno che possa in qualche modo sintetizzare i vari problemi, che mette a repentaglio l’esistenza dell’umanità a vari livelli, dal personale al planetario? Ebbene tale problema possiamo identificarlo nel fatto che abbiamo urgente, immediato bisogno di “darci pace”. Le nostre vite personali, urbane, e l’organizzazione del mondo a livello planetario, sono arrivati ad un punto limite, oltre il quale si apre un bivio sempre più chiaro di autodistruzione o di profonda revisione. Questo scollamento progressivo tra il ritmo interiore e il ritmo sociale si riflette a vari livelli, nelle biografie personali, e nelle dinamiche sociali. Le vite accelerate rendono le relazioni violente. Etty percepisce tutta la violenza nell’uomo e profetizza una risposta che rappresenta per tutti noi oggi un compito. La sua risposta incarnata alla violenza più assurda e spaventosa è ancora profetica per noi ed è semplice nella sua radicalità: se vogliamo andare al di là dell’inferno che il nostro io bellico crea tanto dentro di noi quanto fuori di noi, se vogliamo veramente compiere questo passaggio di umanità ineluttabile per la nostra sopravvivenza, dobbiamo allora sradicare l’odio e rigettare i suoi mezzi fino in fondo e senza eccezioni. L’ha fatto lei, con fatica, disciplina, e senza paura, prendendo coscienza del nulla e dell’inferno che si portava dentro e che vedeva fuori, e scegliendo di attraversarlo lo stesso perché immergendovisi potesse scoprire di non essere sola, che Dio era con lei e l’avrebbe risollevata fino a riemergere dalle macerie esistenziali ed elevarsi a cantare le lodi della vita anche in un campo di concentramento, senza mai perdere la lucidità critica nei confronti del male e della sofferenza ubiqui. Molti di noi oggi stanno riscoprendo l’anelito, il desiderio ad un mondo migliore, un mondo altro, invocano la pace, segno che il darsi pace diventa una condizione di sopravvivenza. Ma manca a molti di noi ancora fare qul passo radicale che in una mattina del 1943 Etty compì di fronte alla violenza e all’ingiustizia. Quanti di noi, in questa lotta per la pace e la giustizia, sono poi disposti a riconoscere e a lottare contro le proprie tendenze ingiuste ed avide, contro il nostro naturale istinto bellico che Etty riconosce con sincerità? Fuori di questo è soltanto ancora ideologia. Non si può più operare né solo dentro, né solo fuori. Questo è il novum che sta emergendo nel ventunesimo secolo e che vede appunto in Etty una profezia incarnata. Dobbiamo cioè diventare pienamente consapevoli che la liberazione e il lavoro interiore e la trasformazione del mondo sono ormai indissociabili, e dobbiamo mettere in moto un movimento di trasformazione dell’umano mondo in cui il lavoro interiore e la trasformazione delle ingiustizie esterne sono lo stesso movimento di liberazione e dove ognuno trae dall’altro la sua forza e la sua verifica di autenticità e anche la sua misura. Quali indicazioni ci arrivano dalla vita di Etty in questa direzione? Come ha fatto in così poco tempo (tre anni) a passare da una condizione psicologica nichilistico-disperata a quella profondità di ascolto che le permette di piangere di riconoscenza verso la vita nel campo di Westerbork, lei che era una donna semplice e non un’esaltata visionaria? Tra l’altro un altro ebreo in soli tre anni ha fatto molto nella storia, e come Etty, è stato ucciso. Duemila Ventitré anni fa. Innanzitutto Etty ricerca dentro di sé uno spazio libero dall’odio e dalla paura, iniziando un lavoro costante di ascolto interiore. Nella nascita di questa nuova umanità io credo che dobbiamo sottolineare la centralità dell’ascolto. Se nasce qualcosa, nasce in silenzio, il fracasso fa ridere gli angeli, fa ridere l’invisibile, che è l’essenziale, il luogo degli accadimenti reali, forti, profondi. Quindi la centralità di un ascolto profondo, termine ripreso da Rilke. Ascoltare la vita le ha permesso di sopravvivere anche dentro un campo di concentramento. Inoltre la ricerca interiore di Etty è completamente libera, non asservita ad alcuna dogmatica, neppure psicanalitica. La sua via verso il cuore profondo è anzitutto psicologica: segue un istinto, un’intuizione, una visione, e per raggiungere le proprie profondità deve prima incontrare le proprie parti negative, le proprie ombre. Jung arriva ad Etty tramite Spier, personaggio e psicanalista chirologo che leggeva i tratti della personalità tramite le linee della mano. Il bisogno di riconoscere il marciume dentro di sé, le contraddizioni, le antiche ferite, contrazioni, blocchi emotivi e paure che impediscono di abbandonarsi totalmente al presente, che creano sempre uno schermo rispetto al fluire delle cose, il nostro bisogno di controllare sempre gli eventi che nasce dalla paura infantile, ecco, tutto questo attraversato ci mette poi finalmente in contatto con le aree della nostra personalità invece libere, sciolte. Etty ha seguito dunque una via profondamente psicologica, ma anche una via profondamente poetica e spirituale. La nostra nuova umanità balbetta dentro di noi, imparando ad ascoltarla arriveremo a tradurre le sue emozioni in parole, e queste parole verranno lentamente, poeticamente, come il pensiero nuovo di cui parlava Wittgenstein: “si addensa il nascente parlando in noi se lo ascoltiamo in grande silenzio e profonda onestà”. Etty perciò si considera essenzialmente poeta. In questo senso che stiamo tentando di dire: chi è poeta? Ogni persona che lascia fiorire la propria nuova umanità. La poeticità è una funzione dell’umano, in quanto a noi è dato di cantare l’universo, di rivelare sempre poeticamente la nuova umanità delle cose. Scrive Etty: “in me non c’è un poeta, in me c’è un pezzetto di Dio che potrebbe farsi poesia. In un campo deve pur esserci un poeta che da poeta viva anche quella vita e la sappia cantare.” Ed è così, in un confronto radicale, onesto, con i propri problemi familiari, affettivi, psicologici, sessuali, in un ascolto profondo delle proprie emozioni, totalmente incarnata, così lei riscopre psicologicamente e poeticamente in fondo, ancora la tradizione ebraica e cristiana. E cioè questa emersione, questa promessa di una nuova umanità insegnata nel tempo e nella storia che continua mistericamente a crescere nonostante tutto. Potremmo dire che la sua attitudine nei confronti della vita è stata la stessa della gestazione, attitudine fondamentale di ogni opera creativa autentica, e capolavoro di creazione è stata la sua esistenza. Attesa, dedizione, pazienza, capacità di scegliere le cose buone che servono alla gestazione per istinto, sono le categorie che meglio esprimono l’immagine delle vicende di Etty narrate nel Diario e nelle Lettere. A partire dal “come” condurre la giornata, da quale disciplina assumere, a chi obbedire, Etty capisce che dovremmo riscoprire il senso libero della disciplina, scavalcando tutto l’orrido armamentario schiavizzante di essa come coercizione esterna. Se vogliamo lavorare per una nuova umanità non possiamo illuderci che non ci occorre una solida disciplina, e in questo percorso Etty è molto umile, contemporanea, realista, e straordinaria perché capace di compierla durante una fase storica distruttiva. La trasformazione e liberazione interiore non accade a caso, occorre una palestra formativa, un tempo di gestazione. Etty è una figura di nuova umanità ebraico-cristiana, che si compie al di là della sua fede. Il mistero dello sradicamento dell’odio senza eccezione, il mistero della croce, è la costante di Etty. Il mistero del cristianesimo è l’incarnazione storica sempre nuova in te di questa nuova umanità, altrimenti il Cristo rimane una statua di argilla appesa ad una crocetta di legno sopra un mobile. Il cristo vivente sei tu ora che sai dar corpo ad un’umanità inedita in questo momento, ora, quindi affrontando i tuoi personali problemi, ora che sono diversi da quelli passati. Una spiritualità così creativa nella sua verità deve tanto all’umano perché sostanzialmente dice all’uomo di essere divino, perché a noi è affidato il mistero della rigenerazione della Terra. La creatività umana, anche distruttiva, che esplode nel ventesimo secolo e con la tecnica, ci provoca a capire la natura radicalmente creativa dell’umano e ad assumerne la responsabilità. La tecnica ci interpella sul fatto che è vero che la nostra creatività è radicale. Se la nostra condizione umana fosse essenzialmente una condanna a morte e tutto il nostro sapere, se tutto il mio conoscere fosse questo, quindi se la vita fosse una fregatura e la coscienza umana un sapere che tutto è una fregatura e la filosofia ancor di più un impegnare tutta la vita per sapere che tutto è una fregatura, è chiaro che non si può che essere dominati dalla paura e dall’odio. Ma è possibile che ognuno di noi abbia fatto esperienza solo di questo stato terrorizzato nella propria anima, o coscienza, o psiche, come volete chiamarlo? Etty scopre in sé un altro stato, non possedibile e intermittente. “L’avvenire è raro” però esiste, è sperimentabile. Se io mi impegno ad osservare e a conoscere bene lo stato in cui sono semplicemente un condannato a morte, terrorizzato e quindi molto aggressivo perché vedo nell’altro, prima che lo sia, un pericolo (che l’inferno sono gli altri, è vero, in quello stato dove ognuno ha i propri antichi motivi, specifica storia, per chiudersi e barricarsi nei propri schemi mentali e nell’ impenetrabile difesa egocentrica) allora ognuno di noi ha una storia di ferite, di brutalità, di violenze subite che ci hanno convinti fin da bambini che il mondo è un mondo molto pericoloso e inaffidabile perché questa è l’esperienza che abbiamo avuto. Ma con sincerità, si scopre che l’uomo ha altri stati, altre profondità e che le cose possono essere viste in un altro modo, sebbene non sempre. Allora si scopre che odio perché sono malato, ma si può guarire. Odiare fa stare male chi odia, non è vero che fa stare bene, perché si rimane appesi per il collo alla persona che si odia. Amare i propri nemici significa restare liberi, felici. Prova ad amare comunque, a non odiare mai. Odierai senza meno, ma identificando quel moto di odio ti potrai disidentificare. Le cose si iniziano a sentire lentamente meno pungenti, meno in stato di difesa. Al bambino dentro di noi che grida pieno di rabbia non permettiamo più di prendere il sopravvento, ma abbracciamolo, iniziamo a dirgli che può rilassarsi, abbandonarsi, perché le cose non sono necessariamente più pericolose e terrificanti, come sperimentate da infante, quando ci si specchiava nello sguardo della madre talvolta minacciosamente angosciato dalla vita e dal futuro. Non è un moralismo ma una prospettiva terapeutica, realmente salvifica, che non si traduce nell’imperativo “sii buono!”, che sarebbe un peso impossibile da tradurre in pratica, ma la salvezza reale è la ricezione di una nuova umanità possibile che in qualche modo già ti è data, a cui si può aderire con un lavoro che è essenzialmente quello di abbandonare i pregiudizi sulla realtà, sull’universo. Il lavoro di riconoscimento profondo ci fa capire che sono le parti più immature, fragili, a dover essere comprese, abbracciate, condivise con gli amici”.
Per questo ai miei ragazzi a scuola, quando parlo di Etty Hillesum, dopo aver raccontato la sua vicenda biografica, assegnato loro per le vacanze la lettura del suo Diario, e fatto leggere ad alta voce alcuni suoi passi anche tratti dalle lettere interpretati da una mia amica attrice e lettrice, chiedo loro di rispondere a queste 4 semplici domande:
- Qual è il tuo orizzonte di senso, la tua verità, per cui pensi valga la pena svegliarsi la mattina?
- Quali sono le relazioni-di-fiducia a cui senti di appartenere, come ad una madre, in cui ti senti sempre amato, voluto, desiderato, qualsiasi cosa tu faccia?
- Quali sono le tue relazioni.di-speranza, ovvero chi vorresti diventare, essere, quale sarebbe la migliore versione di te a cui aspiri,un po’come un bambino aspira sempre a divenire alto come il proprio padre?
- Qual è il tuo campo di battaglia, il luogo dove senti di apportare la tua testimonianza, il tuo contributo esperienziale, dove vorresti lasciare il segno?