Dal 12 al 14 giugno 2025, l’elegante città di Praga si è trasformata nel cuore pulsante del dialogo globale. Con oltre 1.500 partecipanti provenienti dapiù di 70 Paesi, la ventesima edizione del GLOBSEC Forum ha segnato un traguardo storico per uno degli appuntamenti più influenti in Europa sul tema della sicurezza e della stabilità globale. Il forum ha affrontato temi centrali per il nostro tempo: dalla guerra in Ucraina alla fragile tregua in Medio Oriente, dalle tensioni tecnologiche globali alla crescente influenza del Sud globale.
Quest’anno, la cornice del forum è stata attraversata da una consapevolezza condivisa: siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità. Le scelte che compiremo oggi plasmeranno le generazioni future. Ecco perché il tema della pace è risuonato con particolare forza nell’intervento conclusivo della seconda giornata.
La pace è un dovere morale, non solo politico
A chiudere la seconda giornata del forum, sotto l’attento ascolto di leader e diplomatici di ogni parte del mondo, è stato Monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Il suo discorso, “Una chiamata alla pace in un mondo frammentato”, ha rappresentato uno dei momenti più intensi e profondi dell’intero summit.
“Pace a voi. Sono queste le prime parole pronunciate da Cristo risorto ai suoi discepoli – ha esordito Gallagher – ed è questa la pace a cui ci chiama anche Papa Leone XIV, eletto poco più di un mese fa, l’8 maggio 2025, dal balcone centrale della Basilica di San Pietro. È la pace di Cristo: disarmata e disarmante, umile e perseverante. Una pace che viene da Dio, il Dio che ci ama tutti incondizionatamente.”
Gallagher ha tracciato una visione alta e spirituale della pace, contrapponendola ai meccanismi ordinari della geopolitica. “La pace cristiana non si fonda su armi, deterrenza o minacce, ma nasce dall’amore, si nutre di giustizia ed è radicata nella dignità di ogni essere umano”. Questo è il senso di “una pace veramente cattolica, nel senso originario del termine: universale”.
La guerra come fallimento della politica e dell’umanità
Il prelato ha definito senza ambiguità la guerra come un fallimento collettivo: “La guerra in Ucraina ha distrutto l’illusione che la pace in Europa fosse un fatto acquisito. Il sangue continua a scorrere anche in Terra Santa, in Yemen, in troppe aree dimenticate del mondo.”
E proprio in questo contesto di violenze e fratture, Gallagher ha lanciato una sfida morale: “La diplomazia, l’economia, i trattati non bastano. Senza una trasformazione dei cuori, nessuna pace sarà duratura. La pace è un’impresa di giustizia. Esige memoria guarita, relazioni risanate, speranza rinnovata.”
Il ruolo della Chiesa: “L’anima della politica”
Gallagher ha ribadito con forza che la religione non è rivale della politica, ma la sua anima: “Molti dei conflitti attuali non possono essere compresi senza considerare l’identità religiosa e la sete spirituale dei popoli coinvolti. La Santa Sede, con la sua diplomazia non armata, può parlare a tutte le parti, non con la logica della forza, ma con quella del dialogo”. La Chiesa comprende la pace non soltanto come assenza di guerra, ma come presenza di relazioni giuste. Il cardinale ha richiamato i quattro pilastri della visione della Santa Sede sulla pace:
1. Dignità umana: «Ogni vita umana è sacra. Nessuna pace è possibile se anche solo una vita è considerata sacrificabile.»
2. Bene comune: «La pace deve servire non solo i forti, ma soprattutto i poveri, gli sfollati, i dimenticati.»
3. Solidarietà: «Non siamo individui isolati, ma una sola famiglia umana.»
4. Sviluppo umano integrale: «Come affermava Papa Paolo VI: lo sviluppo è il nuovo nome della pace.»
Interreligiosità come necessità, non opzione
Nel suo appello, Gallagher ha ribadito che la collaborazione tra le religioni è imprescindibile. La religione, ben compresa, unisce: non attraverso la coercizione, ma attraverso la coscienza. Non attraverso la vendetta, ma attraverso il perdono. Non si tratta di un gesto diplomatico, ma di una responsabilità morale. “Ebrei, cristiani, musulmani, hindu, buddisti: tutti abbiamo un ruolo nel guarire il mondo.”
Ha ricordato anche le parole di Papa Francesco: “Non è la religione a causare violenza, ma la sua distorsione”. E ha invocato una “diplomazia della speranza”, non ingenua, ma radicata nella convinzione che nessun conflitto sia irreversibile. La presenza diplomatica della Santa Sede, fondata sulla credibilità morale più che sulla forza militare, le consente di parlare con tutte le parti – non con la logica della dominazione, ma del dialogo
Le parole finali: “Costruttori di ponti, non di muri”
In conclusione, Gallagher ha riportato la voce del nuovo Pontefice, Papa Leone XIV: «Mai più la guerra.» Così ha proclamato Papa Leone XIV durante la preghiera del Regina Coeli dell’11 maggio 2025, riecheggiando il forte appello di Papa Paolo VI all’ONU nel 1965.
“Siamo seguaci di Cristo. Il mondo ha bisogno della sua luce. Aiutateci a costruire ponti, non muri. A dialogare, non a dominare. A camminare insieme, popoli diversi, ma uniti nella pace.” La pace non è solo un obiettivo politico. È una vocazione umana. Un dono di Dio. E un compito affidato a ogni generazione.
Un messaggio che supera le diplomazie
Il discorso dell’arcivescovo Gallagher ha lasciato un segno profondo nei corridoi del GLOBSEC. In mezzo ad analisi strategiche, scenari geopolitici e previsioni economiche, ha ricordato a tutti che la pace non è solo un obiettivo politico, ma una vocazione universale, un dovere umano e spirituale.
E se oggi la storia ci chiama a decidere quale futuro costruire, forse il messaggio più potente del GLOBSEC 2025 non viene dai palazzi del potere, ma da una voce antica che continua a risuonare: “Mai più la guerra. Mai più l’odio. Costruiamo insieme un mondo di pace.”
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