Al Giubileo dei Governanti, il Pontefice richiama i parlamentari di 68 Paesi a una politica nobile, al servizio del bene comune, della libertà religiosa e della dignità umana nell’era dell’intelligenza artificiale
“La politica è la forma più alta di carità”, ricordava Pio XI nel 1927. Oggi, Papa Leone XIV raccoglie quel testimone e lo rilancia con forza ai leader politici riuniti nell’Aula della Benedizione, nel cuore del Vaticano. Un intervento lucido, spirituale e profondamente politico, in cui il Pontefice ha toccato temi fondamentali per la convivenza umana nel XXI secolo: la giustizia sociale, la libertà religiosa, la sfida dell’intelligenza artificiale.
Il 21 giugno 2025, in occasione del Giubileo dei Governanti e Amministratori, Papa Leone XIV ha accolto con solennità i membri dell’Unione Interparlamentare Internazionale, rappresentanti di 68 Paesi, rivolgendosi a loro con un discorso denso, articolato e ispirato, che ha tracciato una vera e propria “rotta morale” per chi esercita il potere legislativo nel mondo.
1. Il bene comune: la prima vocazione del politico
Il Pontefice ha esordito ricordando che la politica autentica è servizio, ancorata a un amore concreto per l’umanità: “Essa appare realmente come un’opera di quell’amore cristiano che non è mai una teoria, ma sempre segno e testimonianza concreta dell’agire di Dio in favore dell’uomo.”
In un contesto globale segnato da disuguaglianze estreme, Leone XIV ha denunciato con forza l’“inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura”, evocando l’enciclica Rerum novarum di Leone XIII (1891). Una realtà che, ha sottolineato, “genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra.”
Solo una buona azione politica, fondata sulla giustizia distributiva e sull’equilibrio sociale, può costruire “armonia e pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale.”
2. Libertà religiosa e legge naturale: le fondamenta della civitas Dei
Il secondo punto centrale del discorso ha riguardato la libertà religiosa e il dialogo interreligioso, che il Papa ha definito un “campo oggi sempre più di attualità”. Il rispetto per il credo altrui, ha detto, non è solo tolleranza, ma riconoscimento del valore del trascendente nella vita dei popoli: “Credere in Dio, con i valori positivi che ne derivano, è una fonte immensa di bene e di verità.”
Citazione fulminante è stata quella di Sant’Agostino, che contrapponeva l’amor sui, l’amore egoistico, all’amor Dei, l’amore che si dona e costruisce la civitas Dei, “una società in cui la legge fondamentale è la carità.”
In questa prospettiva, il Papa ha proposto di recuperare la legge naturale come principio unificante e condivisibile anche tra visioni del mondo diverse: “Non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo.” A supporto, Leone XIV ha citato Cicerone, secondo cui la legge naturale è “diritta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna”.
Questa visione ha un riflesso pratico: i legislatori, ha sottolineato il Pontefice, dovrebbero lasciarsi guidare da questa bussola morale, soprattutto di fronte alle delicate questioni etiche, che oggi toccano profondamente “la sfera dell’intimità personale”.
3. Intelligenza artificiale: progresso o pericolo?
Il terzo asse del discorso papale ha toccato un tema che non può più essere ignorato dalla politica: l’intelligenza artificiale. Leone XIV ha riconosciuto che si tratta di uno sviluppo potenzialmente benefico, ma solo a condizione che “il suo utilizzo non porti a intaccare l’identità e la dignità della persona umana e le sue libertà fondamentali.”
Ha messo in guardia dalla tentazione di sostituire l’uomo con l’algoritmo, ricordando che la memoria umana è creativa e generativa, capace di connettere passato, presente e futuro: “La vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare.”
Con parole forti, ha ammonito: “La politica non può ignorare una provocazione di questa portata.” Piuttosto, è chiamata a tutelare le libertà fondamentali, a prevenire derive tecnocratiche, e a progettare stili di vita sani, giusti e sicuri, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni.
4. San Tommaso Moro: il modello di ogni politico
Nel concludere, Papa Leone XIV ha voluto richiamare la figura di San Tommaso Moro, patrono dei governanti e “martire della libertà e del primato della coscienza.” Un modello attuale per chi esercita il potere con rettitudine: “Uomo fedele alle sue responsabilità civili, perfetto servitore dello Stato proprio in forza della sua fede.”
More, ha ricordato il Papa, “pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie sociali con squisito senso d’equità; tutelò la famiglia; promosse l’educazione integrale della gioventù.”
Un richiamo chiaro a concepire la politica non come mera professione, ma come missione morale e spirituale.
Conclusione: un’agenda etica per i legislatori del mondo
Il discorso di Leone XIV è molto più che un’esortazione spirituale: è una chiamata all’azione morale, un’agenda etica offerta ai parlamentari del mondo. Tre gli imperativi che emergono con forza:
Un discorso da rileggere, studiare, interiorizzare. Perché, come ha ricordato Leone XIV, “la politica è carità”, ma solo se fondata su verità, giustizia e dignità.