Periodico di informazione religiosa

Il Natale con Gregorio Magno. 3 gennaio

da | 3 Gen 2024 | Monasteria

Il Natale con Gregorio Magno. 3 gennaio

Ecco l’Agnello di Dio”. Giovanni Battista, l’ultimo profeta dell’antica Legge, presenta al popolo Gesù, Colui che segnerà la fine della Legge e dei profeti. E lo presenta come “agnello” già dalla sua prima apparizione in pubblico. Per la sensibilità antica il nome esprimeva la vocazione e l’essenza di una persona: se alla nascita ha ricevuto il nome di Gesù, Emmanuele, Dio con noi, la sua attività pubblica inizia con il titolo di “agnello”. Cosa significa? I Giudei comprendevano bene cosa volesse dire: l’agnello era un animale sacrificale e il suo sangue veniva versato per il perdono dei peccati, “che toglie i peccati del mondo“. Annunciando il Messia come Agnello di Dio, il Battista rivelava gli aspetti essenziali della missione redentrice di Gesù, missione assunta con il suo battesimo nel Giordano. Papa Francesco in un Angelus disse che “Gesù è venuto nel mondo con una missione precisa: liberarlo dalla schiavitù del peccato, caricandosi le colpe dell’umanità. In che modo? Amando. Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri”. L’Agnello di Dio diventerà così il “leone della stirpe di Giuda”, Re dei re, e quelli che hanno sofferto con lui, con lui si siederanno al banchetto eterno dell’Agnello (cf. Ap 19,9).

Il Signore veramente nacque, veramente morì e veramente risuscitò

Venendo a noi nella carne, il Signore non prese la nostra colpa di peccatori né di conseguenza la pena. Non essendo infatti contaminato da alcuna macchia di peccato, non poteva essere incluso nella nostra condizione colpevole, e quindi, non costretto da alcuna necessità, quando volle accettò liberamente la nostra morte. Egli non nacque, non morì, non risuscitò come gli altri. Infatti fu concepito, non per intervento d’uomo ma per opera dello Spirito. Nascendo mostrò la fecondità delle viscere materne, che conservò intatte. Inoltre, nessuno di noi muore quando vuole, perché a causa della nostra condizione colpevole siamo costretti a pagare il debito della pena; lui invece, non essendo coinvolto in alcuna colpa, non è soggetto ad alcuna pena. Ma avendo come Signore soggiogato la nostra colpa, misericordiosamente ha preso su di sé la nostra pena, come egli stesso ha detto: “Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,18). E prima ha detto: “Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso“. Inoltre, non risuscito come gli altri, perché la nostra risurrezione è differita alla fine del mondo, la sua invece è stata celebrata il terzo giorno. E noi risorgeremo grazie a lui, lui invece risuscitò per virtù propria. Egli che era Dio, non aveva bisogno Dio con il Padre e lo Spirito santo, manifestò la potenza della sua risurrezione, che però egli solo ricevette come uomo. Il Signore veramente nacque, veramente morì e veramente risuscitò. Egli differisce totalmente da noi per la grandezza della sua potenza, ma concorda con noi unicamente per la verità della natura. In ogni sua opera ci trascende per la sua immensa potenza; in una cosa tuttavia non differisce da noi, nella verità della natura umana.

Dal Commento morale a Giobbe XXIV,3

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