L’Aquila. La caccia ai cervi, prende il suo via nella provincia dell’Aquila. Non è servita a nulla la richiesta sospensiva al TAR e un probabile ricorso urgente al Consiglio di Stato per bloccare la Delibera dell’8 agosto 2024, con la quale la Giunta regionale dell’Abruzzo, presieduta dal presidente Marco Marsilio, ha deciso di autorizzare la caccia a 469 cervi da domani 14 ottobre, fino al 15 marzo 2025.
Non è mia intenzione polemizzare con la politica, ma viene spontaneo domandarsi se era proprio necessario incentivare una cultura delle armi, anche se impugnate da cacciatori e rivolte ad animali, in un tempo in cui siamo travolti dall’odio dei popoli?
Sono settimane che associazioni di vario tipo e personaggi politici prendono posizione a favore o contro questa scelta, ma certamente alcuni dati dovrebbero farci riflettere: le aree interessate a questa autorizzazione di caccia ai cervi, nella provincia dell’Aquila, ha una densità di questi ungulati rispettivamente di 2,58 e di 2,39 capi per ogni chilometro quadrato, quindi di pochissimo superiore al valore-soglia per autorizzare la caccia di selezione (2 capi/km2) secondo le indicazioni dell’Ispra. Inoltre, queste zone sono a ridosso del Parco Nazionale d’Abruzzo, dove agli inizi degli anni ’70 venne effettuata, ad opera dell’uomo, la reintroduzione del cervo, che era scomparso nel territorio protetto.
Ora, noi sappiamo molto bene che gli animali non conosco i divieti di accesso. Spesso non li conoscono e rispettano neppure gli uomini, figuriamoci un animale.
Come dovremmo anche sapere, ‘l’epoca degli amori dura, in genere, dalla metà di settembre alla metà di ottobre’. Nelle zone frequentate dai cervi proprio nel periodo precedente a quello con cui la Giunta Regionale d’Abruzzo ha autorizzato la caccia, avviene ‘il bramito dei cervi. I maschi di cervo in età riproduttiva danno vita ad antichi rituali di lotta e corteggiamento, facilmente osservabili durante le escursioni’. E le nascite dei cerbiatti avviene nel mese di giugno. ‘I nati sono assolutamente inetti nei primi giorni; solo al compimento della prima settimana di vita sono capaci di reggersi sulle zampe. Il piccolo rimane nascosto e la madre lo raggiunge più volte al giorno per allattarlo’.
Non si è lasciato però, nulla al caso, o forse si. La grande lungimiranza del legislatore, ha determinato un tariffario per i cacciatori che compiranno questo tragico evento del prelievo selettivo dei quasi 500 cervi che potranno essere abbattuti: cinquanta euro per i cuccioli minori di 12 mesi, cento euro per le femmine giovani e adulte, centocinquanta euro per i maschi giovani e duecentocinquanta euro per i maschi adulti.
Vi ricordate di Bambi, il cerbiatto che ha accompagnato l’infanzia di tutti negli ultimi sessant’anni? Ecco, tanti piccoli Bambi potranno essere eliminati al solo costo di cinquanta euro. E di quei piccoli Bambi nati tra il mese di maggio e giugno, ancora dipendenti dalle madri, che aspettano di essere allattati e che se verranno abbattute, non porteranno più farlo, che fine faranno se non la morte certa? Il legislatore, ha calcolato solo l’abbattimento di 469 esemplari di cervo o anche la morte di quei cerbiatti che non entreranno nel conteggio ufficiale e moriranno per condizioni avverse?
E pensare che l’Abruzzo e il suo Parco è stato sponsorizzato molto spesso, anche con immagini che mostrano cervi vicini alle abitazioni, in un equilibrio tra la fauna selvatica e l’uomo, fino ad oggi meta di molti turisti.
In più occasioni, Papa Francesco ha preso posizione sul rispetto del creato. Nella Lettera Enciclica Laudato sì, sulla cura della casa comune, promulgata il 24 maggio 2015, aveva affermato che «Il fine ultimo delle altre creature non siamo noi» poiché «volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura».
Nel settembre del 2016, riprendendo i temi trattati nella Laudato sì, il Papa aveva ricordato in un suo messaggio in occasione della Giornata per il Creato, l’impegno della Chiesa ortodossa per attirare “l’attenzione sulla crisi morale e spirituale che sta alla base dei problemi ambientali e del degrado”. Il Papa ha ripreso i temi classici della perdita della biodiversità e della distruzione degli ecosistemi, “spesso provocate dai nostri comportamenti irresponsabili ed egoistici”.
Durante la sessione di ottobre del Sinodo della Chiesa universale, il primo ottobre 2024, nel segno di una grande richiesta di perdono, ha avuto luogo una Veglia di preghiera nella Basilica di S. Pietro, presieduta da Papa Francesco, con unagrande richiesta di perdono, «provando vergogna», per tutti i peccati, specialmente per quelli particolarmente attuali contro la pace, l’ambiente e le donne, contro i poveri, i migranti e la sinodalità. Il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per lo sviluppo umano integrale, ha dato voce a una richiesta di perdono, «provando vergogna», per «quello che anche noi fedeli abbiamo fatto per trasformare il creato da giardino a deserto, manipolandolo a nostro piacimento». E noi, questa volta, per cosa «proveremo vergogna»?

In Abruzzo, al via la caccia ai cervi. Addio Bambi!
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