L’amore preveniente è il sentimento che l’umanità riceve da Dio. Lo scrive san Paolo alla Chiesa di Roma, prima di farle visita personalmente: «In tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati» (Rm 8,37); lo ribadisce papa Francesco in questa sua ultima Lettera Enciclica: «Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo» (Dilexit nos 1).
Questo pronunciamento magisteriale – presentato giovedì 24 ottobre presso la Sala Stampa vaticana – consta di 220 numeri e di 5 paragrafi: “L’importanza del cuore”, “Gesti e parole d’amore”, “Questo è il cuore che ha tanto amato”, “L’amore che dà da bere”, “Amore per amore”.
Bergoglio si interroga subito sulla centralità del cuore – nella persona umana e nella fede cristiana – cioè cosa sia e quale riferimento custodisca: «Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore» (2); e – più avanti – prosegue ancora: «Il cuore è il luogo della sincerità, dove non si può ingannare né dissimulare. Di
solito indica le vere intenzioni, ciò che si pensa, si crede e si vuole realmente, i “segreti” che non si
dicono a nessuno, insomma la propria nuda verità. Si tratta di quello che non è apparenza né menzogna bensì autentico, reale, totalmente personale» (5). Il cuore viene presentato anche come un luogo estremamente “fragile”, che rischia di venire annebbiato dalla superficialità e dalla falsità; conseguentemente, il Pontefice lancia a ciascuno una esistenziale domanda provocatoria e salutare: «Invece di cercare soddisfazioni superficiali e di recitare una parte davanti agli altri, la cosa
migliore è lasciar emergere domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi portano al mio cuore» (8).
La sottolineatura che il Vescovo di Roma mette in evidenza riguarda l’attuale offuscamento del cuore, sia nel vissuto antropologico che nelle riflessioni filosofiche; ne nasce il suo invito a: “ritornare al cuore”, “unire i frammenti nel cuore”, “scaldarsi al fuoco dell’amore”, “contribuire al cambiamento globale a partire proprio dal cuore”; e, di riflesso, a: “compiere gesti nuovi”, avere uno sguardo redento sul reale”, “parlare dell’amore di cui si è colmi”.
Il cuore che ama – primieramente – è quello di Gesù Cristo, il quale siamo chiamati a venerare e adorare, a imitare in un amore sensibile.
L’Enciclica pone davanti al lettore quelle «prospettive trinitarie» (cfr. 70-77) su cui si fonda la vita di fede cristiana; unite ai più recenti precedenti pronunciamenti magisteriali sulla stessa realtà (cfr. 78-81). Essa ricorda che solo la vita divina è capace di dissetare la sete di bellezza e bontà che abita il cuore umano (cfr. IV); allorquando viene alimentata da: «Le ragioni del cuore» (cfr. 154-157), «La compunzione» (cfr. 158-160), «La consolazione» (cfr. 161-163).
Il Sacro Cuore invita tutti a «Prolungare il suo amore nei fratelli» (cfr. 167-171), a «Essere una fonte per gli altri» (cfr. 173-176), a edificare “fraternità mistiche” (cfr. 177-180), a “riparare, ricostruire sulle rovine” (cfr. 181-186), a «chiedere perdono» (cfr. 187-190), a “donare per l’Amore” (cfr. 195-199), a coltivare e custodire «integrità e armonia» (cfr. 200-204) a «Far innamorare il mondo» (cfr. 205-211). Il Cuore di Cristo spinge alla comunione, al «servizio comunitario» (213).
Le espressioni conclusive di Francesco incoraggiano verso la meditazione e la conversione: «Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre» (218).
Accogliamo – dalla presente Enciclica – la testimonianza di alcuni Santi, che il Papa indica alla cristianità quale strada percorribile da ciascun fedele anche nel nostro tempo: Ignazio di Loyola (cfr. 24); Bonaventura e John Henry Newman (cfr. 26.106); i Padri della Chiesa (cfr. 62.102-103.173-176); Giovanni della Croce (cfr. 69); Teresa di Gesù Bambino (cfr. 90.129-142.195-199.216); Bernardo (cfr. 104.177); Guglielmo di Saint-Thierry (cfr. 105); Lutgarda, Matilde di Hackeborn, Angela da Foligno, di Giuliana di Norwich, Gertrude di Helfta, monaca cistercense (cfr. 110); Giovanni Eudes (cfr. 113); Francesco di Sales (cfr. 114-118.178); Margherita Maria Alacoque (cfr. 119-124.165-166.194); Claudio de La Colombière (cfr. 125-128); Charles de Foucauld (cfr. 129-132.179-180); Vincenzo de’ Paoli (cfr. 148.207); Pio da Pietrelcina, Teresa di Calcutta, Faustina Kowalska, il santo vescovo Józef Sebastian Pelczar (cfr. 149); Daniele Comboni (cfr. 150).