«Gesù pone domande e, proprio così, ci aiuta a fare discernimento, perché le domande ci fanno scoprire ciò che è dentro di noi, illuminano quello che portiamo nel cuore e che a volte noi non sappiamo»; papa Francesco ci aiuta a riflettere sulla nostra vita cristiana, a partire dalla pericope evangelica odierna, quella di Marco 10,35-45, in questa XXIX Domenica del Tempo Ordinario. L’Eucaristia – celebrata in Piazza San Pietro – è stata arricchita dal rito della Canonizzazione dei Beati: Manuel Ruiz López e sette Compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, Giuseppe Allamano, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra.
Il Signore, nel confronto con i suoi amici, «fa emergere il legame e le attese che i discepoli hanno verso di lui, con le luci e le ombre tipiche di ogni relazione. Infatti, Giacomo e Giovanni, sono legati a Gesù ma hanno delle pretese. Essi esprimono il desiderio di stare vicino a Lui, ma solo per occupare un posto d’onore, per rivestire un ruolo importante, per “sedere, nella sua gloria, alla destra e alla sinistra” (Mc 10,37). Evidentemente pensano a Gesù come Messia, un Messia vittorioso, glorioso e da Lui si aspettano che condivida la sua gloria con loro. Vedono in Gesù il Messia, ma lo immaginano secondo la logica del potere. Gesù non si ferma alle parole dei discepoli, ma scende in profondità, ascolta e legge il cuore di ognuno di loro e anche di ognuno di noi. E, nel dialogo, attraverso due domande, cerca di fare emergere il desiderio che c’è dentro a quelle richieste».
Cristo porta alla luce i desideri profondi del cuore umano, quelli, cioè, di «un Messia potente, un Messia vittorioso che dia loro un posto di onore. E a volte nella Chiesa viene questo pensiero: l’onore, il potere…». Francesco prosegue, sottolineando come il Maestro conduca i propri discepoli a convertirsi: «In questo modo, svela a loro che Egli non è il Messia che essi pensano; è il Dio dell’amore, che si abbassa per raggiungere chi è in basso; che si fa debole per rialzare i deboli, che opera per la pace e non per la guerra, che è venuto per servire e non per essere servito. Il calice che il Signore berrà è l’offerta della sua vita, è la sua vita donata a noi per amore, fino alla morte e alla morte di croce. E, allora, alla sua destra e alla sua sinistra staranno due ladroni, appesi come Lui alla croce e non accomodati nei posti di potere; due ladroni inchiodati con Cristo nel dolore e non seduti nella gloria. Il re crocifisso, il giusto condannato si fa schiavo di tutti: costui è davvero il Figlio di Dio! (cf. Mc 15,39). Vince non chi domina, ma chi serve per amore».
Il Pontefice, alla sequela di Gesù, indica a tutti i cristiani la via maestra della santità; nel segno del rifiuto di ogni potere e prestigio: «Non deve essere così, per chi segue un Dio che si è fatto servo per raggiungere tutti col Suo amore. Chi segue Cristo, se vuole essere grande deve servire, imparando da Lui. Fratelli e sorelle, Gesù svela pensieri, svela desideri e proiezioni del nostro cuore, smascherando talvolta le nostre attese di gloria, di dominio, di potere, di vanità. Egli ci aiuta a pensare non più secondo i criteri del mondo, ma secondo lo stile di Dio, che si fa ultimo perché gli ultimi vengano rialzati e diventino i primi. E queste domande di Gesù, con il suo insegnamento sul servizio, spesso sono incomprensibili, incomprensibili per noi come lo erano per i discepoli. Ma seguendo Lui, camminando alla Sua sequela e accogliendo il dono del Suo amore che trasforma il nostro modo di pensare, possiamo anche noi imparare lo stile di Dio: lo stile di Dio, il servizio. Non dimentichiamo le tre parole che fanno vedere lo stile di Dio per servire: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio si fa vicino per servire; si fa compassionevole per servire; si fa tenero per servire. Vicinanza, compassione e tenerezza».