L’Avvento con Gregorio Magno. 13 dicembre 2023, secondo mercoledì di Avvento.
“Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). Dicendo venite a me, è Gesù che viene verso di noi: egli sa che la vera sofferenza tende a rinchiudere nella solitudine e nella delusione; nel suo invito, Gesù non aspetta che chi si sente schiacciato dalla desolazione venga a lui. Non c’è consolazione, non c’è aiuto fuori di lui. Il cammino è lungo, Gesù lo sa bene. “Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono“, si legge nel libro del profeta Isaia. Ci sentiamo venir meno, siamo presi dallo sconforto. Ma basta un sospiro: desiderarlo è già arrivare a lui. Ricordiamoci di questo dolce richiamo del Signore, lui che è mite e umile di cuore. La nostra stanchezza è forse causata dall’aver posto fiducia in cose o persone che non sono l’essenziale e ci siamo allontanati da ciò che vale veramente nella vita. Gesù ci chiama a sé, senza aver paura di seguirlo, perché la speranza che poniamo in Lui non sarà delusa. E nella memoria di Santa Lucia – il giorno più corto che ci sia – invochiamo con Newman la Luce gentile, che guarisca la nostra cecità guidandoci in mezzo alle tenebre. “La notte è cupa e io sono lontano da casa. Te ne prego, guidami. Veglia sul mio cammino. Non ti chiedo di vedere l’orizzonte lontano, un solo passo mi basta […] Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura, il mio cuore era schiavo dell’orgoglio: non ricordare gli anni ormai passati. Così a lungo la tua forza mi ha benedetto, e certo mi condurrà ancora, landa dopo landa, palude dopo palude, oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà; e con l’apparire del mattino rivedrò il sorriso di quei volti angelici che da tanto tempo amo e per poco avevo perduto“.
Come aurora che sorge
L’aurora o il primo mattino annunziano che è trascorsa la notte, e tuttavia non mostrano ancora tutto lo splendore del giorno; ma mentre cacciano la notte e accolgono il giorno, conservano la luce mescolata con le tenebre. Che cosa siamo in questa vita, noi tutti che seguiamo la verità, se non l’aurora o l’alba? Facciamo già alcune opere della luce, ma in alcune altre siamo ancora impigliati nei rimasugli delle tenebre. […] Perciò Paolo, dopo aver detto: “La notte è avanzata“, non ha affatto soggiunto: Il giorno è venuto, ma: “Il giorno è vicino” (Rm 13, 12). Chi infatti afferma che la notte è trascorsa e che il giorno non è ancora venuto, mostra senza dubbio di trovarsi ancora nell’aurora, cioè dopo le tenebre e prima del sole. La santa Chiesa degli eletti sarà in pieno giorno, quando ad essa non sarà più mescolata l’ombra del peccato. Sarà completamente giorno, quando splenderà di ardore perfetto e di luce interiore. Perciò l’aurora viene anche presentata come una fase di transizione, quando è detto: “E hai assegnato il posto all’aurora” (Gb 38, 12). Chi viene chiamato ad occupare un nuovo posto passa da una posizione a un’altra. Ma che cos’è il posto dell’aurora, se non la perfetta chiarezza della visione eterna? Quando sarà condotta a questo luogo, l’aurora non avrà più ormai nulla delle tenebre della notte trascorsa. Il luogo verso il quale tende l’amore è enunziato dal salmista quando dice: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 41, 2). Verso questo luogo già conosciuto si affrettava l’aurora, lo affermava Paolo quando diceva di avere la brama di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo. E soggiungeva: “Per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno” (Fil 1, 21).
Dal Commento al libro di Giobbe XXIX, 2-4