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Martedì fra l’ottava di Pasqua. La Pasqua con Gregorio Magno

by | 2 Apr 2024 | Monasteria

Martedì fra l’ottava di Pasqua

Chi non piangerebbe sulla tomba di una persona amata? Chi è nella tomba ormai non vive più, ma resta vivo nei nostri ricordi e nel rapporto che conserviamo. Nel Cantico dei Cantici si dice che “se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo” (Ct 8, 7). Non esiste una ricchezza più grande all’amore, come sapeva bene Maria Maddalena, ferita d’amore. I morti però si trova in una situazione speciale per noi: non vivono e contemporaneamente vivono, non ci sono più, ma continuiamo comunicare con loro. I Padri della Chiesa dicevano che la vita sulla terra è un sonno, mentre è la morte ad essere un risveglio; ma anche la Maddalena, protagonista di questo brano, deve risvegliarsi, cioè liberarsi da un attaccamento ancora troppo sensibile al Gesù terreno. Il famoso “Noli me tangere” dovrebbe esser letto come “Non mi trattenere”, piuttosto che “Non mi toccare”. Cristo chiede a Maria di non trattenerlo, ma piuttosto di andare ad annunciare agli apostoli ciò che ha visto. L’incontro di Gesù con Maria Maddalena e l’annuncio ai fratelli contengono un grande messaggio per ogni tempo: il Signore è vivo e ognuno deve cercarlo nel proprio cammino di fede e, se ciascuno farà la sua parte, vedrà il Signore venirgli incontro, come alla Maddalena e farsi riconoscere.

Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli 25, 2-3

Maria, in lacrime, si chinò per guardare nel sepolcro. Senza alcun dubbio lo aveva visto ormai vuoto e aveva già detto che il Signore era stato portato via: perché dunque si china di nuovo e desidera vedere ancora? Si sa che per chi ama non è sufficiente guardare soltanto una volta, perché l’intensità dell’amore rende tenace l’impegno nella ricerca. Cercò dunque una prima volta e non trovò; perseverò nella ricerca e le fu concesso di trovare. Avvenne che il desiderio, nell’attesa, si facesse più intenso, e così fosse possibile avere in pieno ciò che era stato ritrovato. Per questo la Chiesa dice dello sposo, nel Cantico dei Cantici: “Nel mio giaciglio ho cercato, durante le notti, l’amore dell’anima mia: l’ho cercato senza trovarlo. Mi alzerò e farò il giro della città, e cercherò per le vie e per le piazze l’amore dell’anima mia“. È anche ripetuta la notizia della ricerca vana: “L’ho cercato senza trovarlo“. Siccome però si giunge a trovare, se la ricerca non viene meno, si aggiunge: “Mi trovarono le sentinelle che vegliano sulla città. Avete visto l’amore dell’anima mia? Andai un poco oltre e trovai colui per cui arde l’anima mia“. Lo cerchiamo nella notte perché, anche se verso di Lui la mente è desta, l’occhio è però ancora confuso. Chi poi non trova la persona amata, deve alzarsi, muoversi per la città, cioè indagare con attento impegno nella santa Chiesa degli eletti, cercarla per i vicoli e per le piazze, osservando, cioè, chi si sposta nei luoghi angusti e in quelli ampi per avere notizie, se mai è possibile scoprire in essi delle orme, perché vi sono alcuni nella condizione secolare in grado di offrire, nell’esercizio delle virtù, esempi da meditare. Nella ricerca troviamo anche le sentinelle a guardia della città, nel senso che i santi Padri – custodi della realtà della Chiesa – vengono incontro ai nostri retti desideri per istruirci con la parola o con gli scritti. Se passiamo un poco oltre, troviamo la Persona amata, perché il nostro Redentore, benché Uomo tra gli uomini per umiltà, fu al di sopra di essi a motivo della divinità. Oltrepassate le sentinelle si trova la Persona amata, perché quando osserviamo che i profeti e gli Apostoli sono sotto di Lui, prendiamo atto che Egli – Dio per natura – è al di sopra degli uomini. Viene quindi cercato prima senza essere trovato, perché sia tenuto con amore più grande dopo l’incontro. I santi desideri, come abbiamo detto, si fanno più intensi nel attesa; se invece vengono meno significa che non erano autentici. Arse di questo amore chiunque riuscì a raggiungere la verità. Per questo Davide si chiede: “L’anima mia ha sete del Dio vivente: quando verrò e apparirò dinanzi al volto di Dio?” Così ci esorta con queste parole: “Cercate sempre il suo volto“. E il profeta dice: “L’anima mia ti desiderò nella notte; nel mio spirito e nel mio intimo sin dal mattino sarò vigile in cerca di te“. E di nuovo la Chiesa, nel Cantico dei Cantici: “Io sono ferita d’amore“. È dunque giusto che, vedendo il Medico, giunga a guarigione, essa che porta nel cuore la ferita d’amore per l’intensità del suo desiderio. E ancora si legge: “L’anima mia venne meno, appena l’amato parlò“. La mente dell’uomo che non cerca l’incontro con il suo Creatore rimane in una triste insensibilità e rigida nel suo intimo. Se però incomincia ad ardere per il desiderio di seguire Colui che ama, corre a Lui come annientata dalla fiamma d’amore. È presa nell’intensità del desiderio, sente svilite le realtà mondane prima così care, nulla le è gradito se è contro il Creatore, e ciò che prima dava gioia alla sua anima, ora diventa fonte di grave tedio. Nulla consola la sua mestizia fin quando non incontra Colui che è desiderato. La mente è triste e la luce stessa genera fastidio mentre le scorie del peccato sono annientate in questo fuoco; e l’animo, avvolto in fiamme – come si usa con l’oro perché ha perduto con l’uso lo splendore – brilla in questo incendio.

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