Mercoledì della seconda settimana di Quaresima
Gesù sale verso Gerusalemme, la città scelta da Dio come dimora, compiendo questo pellegrinaggio ben consapevole del suo esito. In quale altro luogo, se non in questa città, poteva prendere possesso del suo regno il Messia atteso, re del secolo futuro? La questione però si sposta sull’annuncio sconcertante della sua passione. Il Figlio dell’uomo che doveva venire nella gloria è in realtà il Servo sofferente coperto di oltraggi. I discepoli sono impreparati a capire e preferiscono coltivare prospettive di successo e di potere. Il racconto è un dialogo di equivoci tra Gesù e i discepoli: ciò che la madre dei figli di Zebedeo vuole da Gesù è la vana-gloria, che pure gli altri dieci discepoli sotto sotto desiderano. Quando si litiga, è perché si desidera la stessa cosa! Dunque i discepoli si mostrano ciechi e dovranno anche loro invocare, con i ciechi di Gerico della pericope successiva, che si aprano i loro occhi alla luce. E questa è la luce, che il volto del Figlio è uguale al Padre, la cui vera gloria è amare, servire e dare la vita. La Chiesa di nient’altro si vanta, se non della croce, anche se è sempre insidiata dalla vanagloria. La vera libertà è essere nell’amore “schiavi” gli uni degli altri. La vera gloria non è servirsi dell’altro, ma servirlo e appartenere a lui per amore. Per questo l’assioma sulle labbra di Gesù è pronunciato per ogni cristiano poiché, per usare le parole di Manzoni nei Promessi Sposi: “non ci esser giusta superiorità d’uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio“.
Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 28, 10
Il nostro creatore e dispensatore stabilisce tutte le cose, in modo che chi può esaltarsi per i doni che gli sono stati concessi, è reso umile dalle virtù di cui è privo. Egli così ordina le cose, in modo che, mentre innalza qualcuno per la grazia concessagli, al tempo stesso lo rende inferiore ad un altro cui ha garantito altri doni. In questo modo, ciascuno può comprendere che un inferiore può ben essergli superiore per qualche altro aspetto. Sebbene sappia di avere la precedenza sugli altri, se ne collochi al di sotto in considerazione di altri doni. Tutte le cose sono state ordinate in modo che, mentre tutti possediamo doni diversi, così attraverso le esigenze della carità reciproca, questi doni vengano da tutti condivisi. […] Così scrive Paolo: «Servitevi l’un l’altro nell’amore» (Gal 3,13). L’amore ci libererà dal giogo del peccato, se ci sottometteremo gli uni gli altri, attraverso il reciproco servizio della carità.