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Mercoledì Santo. La Settimana Santa con Gregorio Magno

da | 27 Mar 2024 | Monasteria

Mercoledì Santo

La cura con cui è preparato il rito pasquale assume un significato più profondo: Gesù sa che si sta avvicinando la sua ora, il tempo stabilito da Dio; così da disposizioni precise, perché ha ardentemente desiderato mangiare questa Pasqua. In questo rito infatti lascerà il suo corpo e il suo sangue come cibo e bevanda di vita eterna. Questa consegna di sé per amore avviene in un’atmosfera resa grave dell’annuncio del tradimento di Giuda. E Giuda è quasi il protagonista della liturgia dei primi tre giorni della Settimana Santa: il Vangelo parla sempre di lui ed è sempre presente nella stanza della Cena. Gesù non ignora questa presenza, ma insieme non scopre Giuda e non l’accusa. Mentre i Dodici cercano di scoprire chi di loro stia mentendo e ciascuno sospetta dell’altro, Gesù vince il traditore consegnandosi nelle sue mani e rimettendo nelle mani di Dio la propria causa. Giuda lascia il posto che Gesù gli aveva assegnato nella comunità per andarsene al suo posto. Sono processi che avvengono sempre in maniera progressiva: prima il ripiegamento su se stessi, poi si prende una direzione diversa, e alla fine ecco l’andarsene via. Certo Giuda dovette essere tormentato da molti dubbi e pensieri, ma invece di parlarne con altri, rimase ostinatamente chiuso in se stesso e non comunicava più con i suoi fratelli e andava per conto suo. Quando però decidiamo di rompere un legame con qualcosa o qualcuno, cerchiamo dell’altro che lo sostituisca e Giuda lo trova nel denaro, perfetto strumento che porta all’isolamento, l’egoismo, l’indifferenza. Un attaccamento esagerato ai beni della terra rimuove l’attenzione alla vita futura.

Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe 56, 19, 19

“Mi hanno detestato quelli che un tempo erano i miei consiglieri. Chi amavo di più si è messo contro di me”. È chiaro che Dio non ha bisogno di consiglieri, lui che procura il consiglio della sua sapienza ai consiglieri stessi degli uomini. Di lui sta anche scritto: “Chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?” Ma allo stesso modo che quando si distribuisce a chi è nel bisogno pane e vestito il Signore dichiara che è Lui a riceverli, così quando si dà un saggio consiglio a chiunque si trovi in difficoltà, è lui che riceve, qualunque sia il membro di lui che viene illuminato. Noi tutti, infatti, siamo membra del nostro Redentore; e allo stesso modo in cui Lui viene nutrito in noi per mezzo di una generosa misericordia, così è Lui che in noi viene aiutato dal consiglio che illumina. Ora, gli scribi e i dottori della Legge, che erano soliti ammaestrare la gente in ordine alla vita, che altro erano se non i consiglieri del Redentore che doveva venire? Essi tuttavia, quando si trovarono di fronte al Signore incarnato, con i loro consigli allontanarono molti dalla fede in Lui, quantunque prima sembrava che insegnassero a molti con le parole dei Profeti a credere al mistero della sua incarnazione. E siccome è più vicino a Dio, nell’amore, colui che trascina i moltissimi all’amore di Lui, ancora a proposito della categoria dei dottori della Legge e dei farisei Giobbe soggiunge: “Chi amavo di più, si è messo contro di me”. La stessa categoria, infatti, cedendo all’incredulità, si è allontanata dalla fede nella verità, essa che prima, impegnata nella fatica della predicazione, era amata di più. Ed è stata seguita dalla folla non solo nell’incredulità, ma anche nella persecuzione del Signore: è stata investita dall’impeto della violenza fino a infliggergli la Passione, quella Passione che turbò il cuore dei discepoli.

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