Periodico di informazione religiosa

Papa Francesco ad Ajaccio

da | 16 Dic 2024 | Vita ecclesiale

Domenica 15 dicembre ha visto papa Francesco ad Ajaccio, per un Viaggio Apostolico. Presso il “Palais des Congrès et d’Exposition d’Ajaccio”, il Pontefice – prendendo parte al congresso internazionaleLa religiosité populaire en Méditerranée – ha affermato: «Sono passati più di duemila anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio e tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute. In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola. Tuttavia, bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio! Al contrario, è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune». In merito alla pietà popolare, il Pontefice ha sottolineato: «Da una parte, essa ci rimanda all’Incarnazione come fondamento della fede cristiana, la quale si esprime sempre nella cultura, nella storia e nei linguaggi di un popolo e si trasmette attraverso i simboli, i costumi, i riti e le tradizioni di una comunità vivente. Dall’altra parte, la pratica della pietà popolare attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede, che non praticano assiduamente e che, tuttavia, in essa ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società. La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa – è curioso: una pietà che non sia festosa non ha “un buon odore”, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo “distillata”–. In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai

contenuti della fede».

Pregando l’Angelus con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, le consacrate e i consacrati, i seminaristi, il Pontefice ha ricordato a tutti il primato della grazia divina, «fondamento della fede cristiana e di ogni forma di consacrazione nella Chiesa», e quello dell’aver cura di sé, degli altri e della fraternità. Egli ha esortato i presenti, con queste parole: «Non dimenticatevi del Signore! Il Signore all’inizio, in mezzo e alla fine della giornata. È il nostro Capo. Ed è un Capo che lavora più di noi! Non dimenticate questo. E vi faccio questa domanda: come vivo io il discepolato? Fissatela nel vostro cuore, non sottovalutatela, e non sottovalutate la necessità di questo discernimento, di questo guardarsi dentro, perché non ci succeda di essere “macinati” nei ritmi e nelle attività esterne e di perdere la consistenza interiore». Francesco ha aggiunto: «L’ascolto, la vicinanza della gente, è anche questo un invito a trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione. Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede, imparando che la missione non è questione di strategie umane: è anzitutto questione di fede. Avere cura degli altri: di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da Lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione per le loro sofferenze. Prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, questo è importante».

Durante la santa messa – celebrata a “Place d’Austerlitz” (“U Casone”) il Vescovo di Roma ha detto nella omelia: «Anche oggi facciamo nostra la domanda che le folle rivolgevano a Giovanni il

Battista. Durante questo tempo di Avvento troviamo il coraggio di chiedere, senza paura: “che

cosa devo fare?”, “che cosa dobbiamo fare?”. Domandiamolo con sincerità, per preparare un

cuore umile, un cuore fiducioso al Signore che viene. Le Scritture che abbiamo ascoltato ci consegnano due modi di aspettare il Messia: l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa. Si può aspettare la salvezza con questi due atteggiamenti: l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa». Francesco ha esortato ciascuno alla speranza: «La Parola di Dio ci incoraggia sempre. E davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. E allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile. Sorelle e fratelli, in ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è presente, Cristo è la fonte della nostra gioia. È con noi nella tribolazione per portarci avanti e darci la gioia. Teniamo sempre nel cuore questa gioia, questa sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi. Non dimentichiamolo! E così con questa gioia, con questa sicurezza che Gesù è con noi, saremo felici e faremo felici gli altri. Questa dev’essere la nostra testimonianza».

Ultimi articoli

Author Name