Rileggendo quattro anni dopo la Candor Lucis Aeterne, la Lettera Apostolica nel VII centenario della morte di Dante Alighieri
La Lettera Apostolica *Candor lucis aeternae*, scritta da Papa Francesco il 25 marzo 2021, celebra il VII centenario della morte di Dante Alighieri, un anniversario che non solo onora un grande poeta, ma riconosce anche il legame tra la sua opera e la fede cristiana. La lettera, un tributo non solo alla sua genialità letteraria, ma anche alla profondità spirituale del suo pensiero, esplora la rilevanza di Dante nel contesto della Chiesa cattolica e della cultura cristiana. Attraverso le parole del Papa, emerge un ritratto di Dante non solo come artista, ma come un “profeta di speranza” capace di raccontare, con l’intensità della sua poesia, l’itinerario dell’anima verso Dio.
Tutta la “Divina Commedia” esprime una visione profonda della speranza, intesa come il desiderio di salvezza e di riscatto spirituale, che guida l’anima attraverso il purgatorio verso la beatitudine del paradiso. Questa speranza è anche il fondamento del Giubileo, quel momento di perdono e rinnovamento spirituale, celebrato dalla Chiesa come un’opportunità di riconciliazione e di ritorno alla fede.
Dante come poeta di speranza
Papa Francesco introduce Dante come un grande testimone di speranza, un uomo che, pur vivendo un periodo di grandi divisioni politiche e sociali, ha saputo mantenere viva la sua fede. La speranza che traspare dalla *Divina Commedia* è infatti una speranza fondata sulla luce divina e sull’infinita misericordia di Dio. La lettera del Papa cita il passo in cui Dante, attraverso Virgilio, afferma: “O umana coscienza, come ti fai dura!” (Purgatorio, Canto IX). Questa citazione non è solo un’espressione di denuncia della condizione umana, ma anche un richiamo alla redenzione possibile attraverso la grazia divina.
Il Pontefice osserva che Dante, pur conoscendo il peccato e la miseria umana, non si arrende mai alla disperazione: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita” (*Divina Commedia*, Inferno, Canto I). Questa celebre apertura rappresenta non solo l’inizio del viaggio fisico, ma anche un viaggio spirituale verso la salvezza, un cammino che il Papa interpreta come simbolo della lotta quotidiana tra la luce e le tenebre.
La centralità della fede cristiana in Dante
Papa Francesco esplora come la fede cristiana permei ogni parte dell’opera dantesca. Dante è visto non solo come un grande poeta, ma anche come un credente che, nel suo viaggio, non smette mai di cercare il volto di Dio. “Il Paradiso” è la sezione della “Divina Commedia” che il Papa enfatizza maggiormente, evidenziando come in essa si esprima la visione dell’anima che giunge alla contemplazione della luce divina. Il Pontefice scrive: “La luce che in te si specchia” (Paradiso, Canto XXXIII) per sottolineare come la salvezza finale di Dante non avvenga mai separatamente dal Mistero cristiano.
Anche la sua visione del Purgatorio, luogo di purificazione, è strettamente legata alla concezione cristiana della penitenza e della redenzione. In questo capitolo, il Papa ricorda un altro passaggio significativo del “Purgatorio”: “Siccome a pioggia inverna il gran fiocco, sì che, cadendo, viene ancor da basso” (Purgatorio, Canto III), dove la purificazione rappresenta non solo il rimorso per i peccati, ma anche la possibilità di un nuovo inizio, di una seconda chance che Dio offre all’anima in cammino verso il Paradiso.
Dante e la Chiesa: una visione teologica e morale
Infine la Lettera Apostolica si concentra sul rapporto tra Dante e la Chiesa, un tema che Papa Francesco considera con attenzione. Dante, pur vivendo momenti di conflitto con la gerarchia ecclesiastica del suo tempo, non ha mai cessato di considerarsi parte integrante della Chiesa, anzi, nella “Divina Commedia”, la Chiesa viene trattata come il veicolo della salvezza, pur con le sue imperfezioni umane. Francesco scrive: “Tu non vedi come l’anima non può più esser fatta da quel che è in sé” (Inferno, Canto XXVII). Con questa citazione, il Papa evidenzia il ruolo della Chiesa come custode della fede, ma anche come corpo umano, soggetto alle debolezze e alle difficoltà.
Tuttavia, nella teologia dantesca, la Chiesa è sempre la via che guida l’uomo verso la redenzione. Dante non risparmia critiche alla Chiesa del suo tempo, ma le sue critiche sono sempre mosse dall’amore per la sua missione salvifica. La visione dell’Inferno, infatti, è spesso un richiamo a una purificazione necessaria per raggiungere la salvezza, un processo che non esclude la Chiesa ma che anzi ne fa uno dei principali strumenti di intercessione per il peccatore. “Non ti maravigliar, ché io ti dico ch’io sono dell’altro regno” (Inferno, Canto IX) è una citazione che il Papa usa per riflettere sul significato del peccato, ma anche sulla possibilità di pentimento che ogni cristiano può vivere, grazie alla Chiesa.
Dante come testimone di cultura universale
Dante appare così come uomo di cultura universale, la cui opera ha travalicato i confini religiosi e nazionali. Pur essendo profondamente legato al suo tempo e alla sua fede, il Sommo Poeta è riuscito a parlare a tutte le generazioni. Come quando scrive: “Amor che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, Canto XXXIII), per evidenziare come l’amore divino sia l’energia che anima l’intero universo e l’opera stessa di Dante. La sua opera, pur radicata nella cultura medievale, ha infatti una portata che trascende le epoche e le tradizioni.
In un mondo segnato da guerre e conflitti, la speranza cantata da Dante diventa ancor più cruciale. Papa Francesco, che da anni promuove la cultura del dialogo e della pace, invita continuamente alla costruzione di ponti e non di muri. La sua visione di pace abbraccia la giustizia, la solidarietà e l’amore verso il prossimo, spingendo a una riflessione che affonda le radici nella tradizione cristiana e nella poetica dantesca.
In questi tempi difficili, la sua opera resta, dunque, attualissima guida per l’anima, che attraverso la penitenza, la speranza e la fede, è chiamata a ricongiungersi con il divino.