Papa Francesco e l’Europa nel ricordo di Mons. Crociata: “Una voce profetica per il nostro tempo”
«Thank you, Holy Father. Rest in peace». Con queste parole semplici e solenni, Mons. Mariano Crociata, presidente della COMECE (Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea), ha reso omaggio a Papa Francesco, tracciando un profilo intenso e grato del Pontefice che, più di ogni altro negli ultimi decenni, ha parlato all’anima dell’Europa. Un’Europa spesso smarrita, divisa, ferita da crisi multiple — sanitarie, geopolitiche, culturali — ma mai abbandonata dallo sguardo vigile e paterno di Papa Bergoglio.
Papa Francesco ha sempre avuto a cuore l’Europa. Non un’Europa astratta, istituzionale, distante, ma un’Europa dei popoli, delle persone comuni, dei poveri, dei migranti, delle famiglie, degli ultimi. E fin dai primi passi del suo pontificato ha dimostrato una sensibilità profonda verso il Vecchio Continente, non solo con le parole, ma attraverso una fitta trama di gesti, discorsi e incontri che hanno scolpito nel tempo una visione precisa: un’Europa che ritrova sé stessa nel dialogo, nella pace, nella dignità umana.
I grandi discorsi
Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha rivolto una costante attenzione all’Europa, non tanto come istituzione, quanto come progetto di civiltà, come cantiere di pace, dialogo, inclusione.
Sono cinque, almeno, i grandi discorsi all’Europa e all’Unione Europea che segneranno la storia. In essi Francesco ha richiamato i leader europei alla responsabilità di una politica che parta dalla dignità della persona, dal rispetto delle comunità, dalla costruzione di una società che non sia un’aggregazione fredda di economie e interessi, ma una casa comune che promuova pace, giustizia sociale, accoglienza.
Celebre il suo intervento al Parlamento Europeo nel 2014, quando definì l’Europa una “nonna stanca” e lanciò l’invito a ritrovare lo slancio delle origini. Ma fu anche un invito profetico a non diventare una “fortezza” chiusa, bensì un ponte di pace e di fraternità nel mondo. Un richiamo poi reiterato con forza nel 2016, quando ricevette il Premio Carlo Magno: lì chiese di “sognare una nuova Europa”, un’Europa che sia madre e non matrigna, che includa e non escluda, che custodisca il passato ma sappia anche innovare e rischiare.
Francesco ha sempre insistito su un punto centrale: l’Europa ha una vocazione storica che nessun’altra realtà geopolitica può svolgere. Ma per farlo deve ritrovare sé stessa nel volto delle persone, soprattutto di quelle che restano ai margini.
Una voce profetica, dunque, ma anche profondamente umana, capace di parlare con semplicità e profondità ai cuori, attraverso gesti concreti di amore, di ascolto, di prossimità. Come dimenticare l’immagine del Papa solo, sotto la pioggia, in una piazza San Pietro deserta durante la pandemia, mentre pregava per l’intera umanità? O la sua presenza, acclamata dai fedeli, tra gli alberi dell’Amazzonia e i ziggurat dell’Iraq, luoghi simbolici di un Vangelo che si fa carne nei margini del mondo? Il suo stile episcopale, prima in Argentina e poi a Roma, si è sempre nutrito di contatto umano, prossimità, calore. Quando parlava alla gente, alla gente vera, quella delle piazze e non dei palazzi, sprigionava una forza umana e spirituale difficilmente eguagliabile. Ed è in questo stile che va letta anche la sua visione dell’Europa.
L’unica voce che il mondo ascoltava
Negli ultimi anni, con l’irrompere della guerra in Ucraina e del nuovo conflitto in Medio Oriente, Francesco è diventato la voce più credibile nel panorama internazionale. Anche al di fuori della Chiesa, osservatori laici e analisti politici hanno riconosciuto in lui l’unico leader globale capace di parlare a tutti, e di essere ascoltato. Il suo appello alla pace è stato insistente, sistematico, presente in ogni Angelus, in ogni occasione utile, come se il silenzio fosse inaccettabile di fronte alla sofferenza.
Questa coerenza, questa insistenza sulla pace come compito morale e spirituale, ha fatto di Francesco una figura di riferimento per l’Europa in cerca di senso, e per un’umanità stremata ma non rassegnata. Mons. Crociata ha ricordato anche il contributo decisivo del Papa nel rinnovare l’impegno della Chiesa verso l’ecologia integrale, con l’enciclica Laudato si’, e verso la fraternità universale, con Fratelli tutti. Due testi che non parlano solo ai cattolici, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Perché, come ha scritto il Papa, «siamo tutti fratelli e sorelle», e «le differenze ci arricchiscono». Per questo è necessario «costruire ponti, non muri», «abbandonare la guerra» e «abbracciare l’ascolto, il dialogo e la diplomazia».
L’Europa è stata uno degli assi portanti del pontificato di Papa Francesco. Non solo per la sua importanza politica e culturale, ma per la possibilità che il continente ha di essere laboratorio di pace, umanesimo, giustizia sociale e fraternità universale. Un’eredità che non potrà essere archiviata con leggerezza. Le sue parole, i suoi gesti, il suo sguardo continueranno a interpellare il cuore dell’Europa.
L’eredità europea di Papa Francesco
La COMECE, che ha avuto il privilegio di mantenere un rapporto costante con il Pontefice, ha sempre ricevuto «la sua sapienza e il suo incoraggiamento» a proseguire la missione del dialogo con le istituzioni europee. Una missione che Papa Francesco ha accompagnato con lucidità e passione, spronando i leader a non lasciarsi imprigionare dalla burocrazia o dall’individualismo, ma a riscoprire l’anima del progetto europeo: la pace, la solidarietà, la dignità della persona.
Nel cuore dell’Anno Santo, che segna uno degli ultimi grandi atti del pontificato, Mons. Crociata affida al futuro l’eredità spirituale di Francesco: «Siamo grati al Papa per la sua costante attenzione all’Europa, per averci esortato a migliorarla, rafforzandone la vocazione alla pace. Alla luce del suo esempio, continueremo con rinnovato impegno il nostro servizio alla Chiesa e al bene comune europeo».
Un grazie che è preghiera, impegno, memoria viva. Un’Europa migliore, per Francesco, non era un sogno utopico, ma una responsabilità storica. Sta ora ai cristiani e ai cittadini di buona volontà raccoglierne il testimone.