Periodico di informazione religiosa

Sabato fra l’Ottava di Pasqua. La Pasqua con Gregorio Magno

by | 6 Apr 2024 | Monasteria

Sabato fra l’Ottava di Pasqua

Il testo comprende in sintesi l’apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena, ai due discepoli di Emmaus in veste di pellegrino e infine la venuta del Risorto tra gli Undici riuniti a mensa, rimproverandoli per la loro incredulità. Solo la presenza di Gesù libererà gli apostoli dalla loro durezza di cuore e li trasformerà in veri credenti. Questa sottolineatura dell’incredulità dei discepoli è tipica di Marco. I discepoli hanno creduto a Gesù quando aveva cominciato a predicare e guarire, fino a lasciare tutto e a seguirlo; ma ora, davanti al miracolo più grande, la sua resurrezione, non riescono a credere. Dal punto di vista umano non ci si può stupire. Il principale motivo della loro incredulità sembra essere l’incapacità di accettare ciò che oltrepassa l’esperienza umana. Ed è il punto dolente di tutti gli atti di fede. La fede non è contro la ragione, ma è al di sopra di essa, è un’illuminazione superiore. Non si diventa credenti con un metodo scientifico! La resurrezione non è frutto di immaginazione o suggestione collettiva, ma è il dono del Padre al Figlio, per colui che si era fatto obbediente fino alla morte per la salvezza dell’umanità. Se è così per gli apostoli, è valido anche per noi: Cristo è con noi, accanto a noi, anche se non lo vediamo più fisicamente. Ed è bello diventare sempre più consapevoli della sua presenza ed aprirsi a una testimonianza aperta e coraggiosa, perché non si può vivere come se questo amore non esistesse e non operasse nella vita e nella storia.

Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele 2, 8

Siccome ci si è presentato il discorso sulla risurrezione della carne, è per noi motivo di grande tristezza e di profonda amarezza sapere che nella Chiesa ci sono taluni che dubitano della risurrezione della carne. Ora gli antichi padri certissimamente hanno creduto che questa sarebbe avvenuta, anche quando non avevano ancora nessun esempio della risurrezione stessa. Di quale condanna quindi sono

degni coloro che hanno già ricevuto l’esempio della risurrezione del Signore e tuttavia ancora dubitano della loro risurrezione! Possiedono il pegno e non hanno la fede. Riempiono la Chiesa, ma siccome dubitano della risurrezione, vi rimangono con l’anima vuota. Di questa risurrezione per bocca di Giobbe si dice: “So che il mio Redentore vive, e nell’ultimo giorno sorgerò dalla terra e sarò di nuovo rivestito della mia pelle, e nella mia carne vedrò Dio: io lo vedrò e non un altro, e i miei occhi lo contempleranno”. E il salmista dice: “Davanti a lui si prostrano quanti discendono nella terra”. I morti infatti discendono nella terra col corpo, non con lo spirito. Quanti discendono nella terra si prostrano davanti al Signore, perché quanti ora marciscono nella polvere si presentano per il giudizio risorgendo. Ecco perché dice ancora:

“Di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne”. L’anima ha sete di veder Dio; la carne di che cosa ha sete, se non di risorgere? Ecco perché dice ancora: “Togli il respiro, morranno e ritorneranno nella loro polvere”. E subito riguardo alla risurrezione della carne soggiunge: “Manda il tuo spirito, saranno creati e rinnoverai la faccia della terra”. Ecco perché dice ancora: “Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua potenza”. Il Signore è sorto verso il luogo del suo riposo quando risuscitò la propria carne dal sepolcro. Dopo di lui sorge l’arca, perché risorge la Chiesa […] Considera dunque, o uomo, come sei venuto alla vita e non dubiterai mai del come ritornerai in vita. Ma perché vuoi capire con la ragione come ritornerai in vita, tu che ignori come ci sei venuto? Lascia alla potenza del tuo Creatore ciò che di te stesso non riesci a comprendere. È certo infatti che dal momento che tu sei stato fatto di terra e la terra è stata fatta dal nulla, tu sei stato creato dal nulla. Perciò non disperare della resurrezione della tua carne; rifletti seriamente che Dio fa meno fatica a rifare ciò che esisteva, che a fare ciò che non esisteva.

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