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Mercoledì fra l’Ottava di Pasqua. La Pasqua con Gregorio Magno

da | 3 Apr 2024 | Monasteria

Mercoledì fra l’Ottava di Pasqua

Dopo tutto quello che era accaduto a Gerusalemme, i due discepoli diretti a Emmaus erano ben contenti di allontanarsi dalla città e di non dover parlare con nessuno. Crollato ciò che desideravano, tutto si era rivelato illusorio. A essere uccisa è stata la loro speranza. Il cammino dei due verso Emmaus è diventato il simbolo dello stato d’animo della desolazione, dell’uomo che vive il peso e il senso di fallimento. Dobbiamo solo restare spettatori di questo bel racconto? Forse tutti ci siamo trovati in compagnia di questi due discepoli in periodi diversi della nostra vita. I discepoli sembrano quasi due innamorati traditi, lasciati di punto in bianco, che non fanno altro che raccontare raccontare e raccontare e girare a vuoto nel trauma; aver avuto Gesù al loro fianco è stata l’esperienza chiave della loro vita. In questo abisso ora viene un inaspettato compagno di viaggio: la sua presenza è così discreta che i due, in un primo momento, non riconoscono il Signore. Ma da compagno di viaggio, il misterioso ospite ben presto si fa esegeta, anzi: è il primo esegeta cristiano, ma anche l’oggetto della sua stessa esegesi! Ecco il punto: il peccato dei due amici di Emmaus è stata l’insensibilità nei confronti della parola di Dio, mentre Gesù era venuto a portare il fuoco sulla terra. Allora il loro cuore comincia a battere forte, non più per paura o sconforto, ma perché si è fatta strada la speranza, riemerge la vita. È una delle scene più belle di Luca: l’entusiasmo che nasce e si sviluppa nel cuore, quando si comincia a gustare il senso profondo delle Scritture. Tutto l’itinerario della comprensione delle Scritture doveva condurre a questo punto: sono resuscitati. Loro, che avevano toccato il fondo della disperazione, adesso sono innalzati alla gioia della testimonianza della risurrezione. I due amici di Emmaus corrono e risalgono verso Gerusalemme noncuranti della notte che era sopraggiunta. Era notte fuori, ma il loro cuore era reso incandescente da quell’incontro e bastava da solo a illuminare quella notte.

Gregorio Magno, Omelie sui vangeli 23, 2

Veniamo illuminati non tanto ascoltando i precetti divini ma attuandoli. I discepoli ricevettero dunque la luce non tanto ascoltando la divina parola, ma nel momento di attuarla. Sta scritto infatti: “Non sono giusti al cospetto di Dio quelli che ascoltano la Legge, ma verranno giustificati coloro che la attuano“. Chi dunque vuol rendersi conto delle verità ascoltate, si affretti ad attuare nelle opere ciò di cui il suo intelletto è già riuscito ad avere notizia. Il Signore non fu riconosciuto mentre parlava e si degnò di esserlo fruendo dell’ospitalità. Dunque, fratelli carissimi, siate ospitali e amate le opere di carità. Per questo Paolo scrive: “Si pratichi fra voi la carità fraterna e non trascurate l’ospitalità. In forza di essa, infatti, alcuni ottennero benevolenza, avendo accolto, come ospiti, degli angeli“. E Pietro scrive: “Siate ospitali gli uni verso gli altri, senza mormorare“. E la Verità stessa dice: “Sono stato forestiero e mi avete accolto“. C’è una vicenda, in cui molti credono, trasmessa a noi dal racconto degli avi. Un padre di famiglia brillava con tutti i componenti della sua casa per il grande impegno nell’ospitalità. Accogliendo ogni giorno alla sua mensa dei pellegrini, fece lo stesso, una volta, con uno che si era presentato insieme ad altri. Il padre di famiglia, che — come era abituale alla sua umiltà – voleva versare l’acqua sulle sue mani, si voltò e prese la brocca, ma tutt’a un tratto non vide più l’ospite nelle cui mani si era proposto di versare l’acqua. Pieno di stupore nel suo intimo per quanto era accaduto, ricevette la notte stessa la visita del Signore, che gli disse: “Tutti gli altri giorni mi hai accolto nelle mie membra, ieri hai ospitato proprio me“. Venendo per il giudizio, dirà: “Ciò che avete fatto a uno fra i più piccoli dei miei, l’avete fatto a me“. Prima del giudizio, quando è ospitato nelle sue membra, va Egli stesso a trovare chi lo accoglie, e noi siamo così pigri nell’offrire ospitalità. Meditate, fratelli, sul valore di questa virtù. Accogliete alla vostra mensa il Signore per poter essere da Lui introdotti al convito eterno. Offrite ora ospitalità a Cristo pellegrino, affinché nel giorno del giudizio non siate stranieri e ignoti a Lui, ma vi accolga fra i suoi nel Regno, con l’aiuto di chi vive e regna, Dio, nel secoli dei secoli. Amen.

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