“Il Vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut unum sint” è un documento di studio, pubblicato con l’approvazione di Papa Francesco, che sintetizza per la prima volta le riposte all’enciclica Ut unum sint e i dialoghi ecumenici sulla questione del primato e della sinodalità. La comprensione e l’esercizio del ministero del Vescovo di Roma sono entrati in una nuova fase con il Concilio Vaticano II e infatti la genesi di questo documento risale all’invito rivolto a tutti i cristiani da San Giovanni Paolo II a trovare insieme le forme in cui il ministero del Vescovo di Roma “possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri” (Ut unum sint, 95). Nella Conferenza Stampa di presentazione del documento, reso noto giovedì 13 giugno, il Card. Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha spiegato come il ministero Successore di Pietro non sia più visto dalle altre Chiese solo come un problema, come affermava San Paolo VI nel 1967, ma piuttosto come un’opportunità nel nostro mondo globalizzato, in cui indubbiamente vi è un crescente senso della necessità di un ministero di unità a livello universale. Risultato di un lavoro ecumenico e sinodale, l’elaborazione del documento ha richiesto la consultazione di esperti cattolici e numerosi studiosi di varie tradizioni cristiane d’Oriente e d’Occidente, in modo da rispondere a numerose osservazioni e questioni riguardanti l’esercizio del ministero petrino. Quattro sono i suggerimenti pratici che emergono dal documento:
– una prima proposta è quella di una “ri-ricezione” nel senso di reinterpretazione, se non addirittura “riformulazione” degli insegnamenti del Concilio Vaticano I. Infatti, alcuni dialoghi ecumenici hanno osservato che questi insegnamenti sono stati profondamente condizionati dal loro contesto storico e suggeriscono che la Chiesa cattolica dovrebbe cercare nuove espressioni e vocaboli fedeli all’intenzione originale, ma integrati in un’ecclesiologia sinodale e adattati all’attuale contesto culturale ed ecumenico;
– un secondo suggerimento è una più chiara distinzione tra le diverse responsabilità del Vescovo di Roma, in particolare tra il suo ministero patriarcale nella Chiesa d’Occidente e il suo ministero primaziale di unità nella comunione delle Chiese, sia d’Occidente che d’Oriente. È inoltre necessario distinguere tale ruolo dalla sua funzione politica di capo di Stato. Un maggiore accento sull’esercizio del ministero del Papa nella sua Chiesa particolare, la diocesi di Roma, evidenzierebbe il ministero episcopale che condivide con i suoi fratelli vescovi e rinnoverebbe l’immagine del papato;
– una terza raccomandazione riguarda lo sviluppo della sinodalità all’interno della Chiesa cattolica, in vista anche della credibilità del suo impegno ecumenico ad extra. In particolare, occorre un’ulteriore riflessione sull’autorità delle conferenze episcopali cattoliche nazionali e regionali, sul loro rapporto con il Sinodo dei vescovi e con la Curia romana. A livello universale, si sottolinea la necessità di un migliore coinvolgimento di tutto il Popolo di Dio nei processi sinodali. In uno spirito di “scambio di doni”, le procedure e le istituzioni già esistenti in altre comunioni cristiane potrebbero servire come fonte di ispirazione per la Chiesa latina;
– un’ultima proposta è la promozione della “comunione conciliare” attraverso incontri regolari tra i leader delle Chiese a livello mondiale, per rendere visibile e approfondire la comunione che già condividono. Nello stesso spirito, molti dialoghi hanno proposto diverse iniziative per promuovere la sinodalità tra le Chiese, soprattutto a livello di vescovi e primati, attraverso consultazioni regolari e azioni e testimonianze comuni.
In appendice a questo documento di studio, è stato approvato e inserito dall’Assemblea Plenaria del Dicastero anche una proposta intitolata: Verso un esercizio del primato nel XXI secolo. Questa proposta, identificando i contributi più significativi dei dialoghi, suggerisce alcuni passi futuri e traiettorie che si dovranno seguire:
– la riflessione ecumenica sul primato negli ultimi tempi è notevole e sembra indicare che i tempi sono maturi per compiere ulteriori passi nei dialoghi ecumenici. Primato e sinodalità non sono due dimensioni ecclesiali contrapposte, ma due realtà che si costituiscono e si sostengono a vicenda al servizio della comunione. Come il primato presuppone l’esercizio della sinodalità, così la sinodalità include l’esercizio del primato;
– un altro passo riguarda la chiarificazione del vocabolario utilizzato dai dialoghi. Infatti, non sempre i documenti utilizzano in modo omogeneo e coerente termini come “sinodalità o conciliarità”, “collegialità”, “primato”, “autorità”, “potere”, “amministrazione”, “governo” e “giurisdizione”. Sembra particolarmente necessario chiarire il significato dell’espressione “Chiesa universale”: una nozione meramente geografica della cattolicità della Chiesa rischia di dare origine a una concezione secolare di un “primato universale” e di conseguenza a una comprensione secolare dell’estensione e dei vincoli di tale primato. Il primato romano va inteso non tanto come un potere universale in una Chiesa universale (Ecclesia universalis), ma come un’autorità al servizio della comunione tra le Chiese (communio Ecclesiarum), cioè di tutta la Chiesa (Ecclesia universa).
– inoltre molte istituzioni e pratiche sinodali delle Chiese orientali cattoliche potrebbero ispirare la Chiesa latina, così come, in uno spirito di “scambio di doni”, le istituzioni e le pratiche sinodali di altre comunioni cristiane. In particolare, si può osservare che il parallelo tra le conferenze episcopali e gli antichi patriarcati tracciato da Lumen gentium 23, non è stato sviluppato, né teologicamente né canonicamente; ciò si colloca in linea con la proposta di creare “nuovi patriarcati” o “Chiese maggiori”.
– a livello universale, il Codice di Diritto Canonico afferma che il Papa, nell’adempimento del suo munus supremo, “è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa” e prevede la possibilità di un esercizio collegiale di questo ministero, una disposizione di cui si potrebbe fare maggiore uso (CIC can. 333§2). Allo stesso modo, oltre ai concili ecumenici, il Codice di Diritto Canonico prevede un esercizio collegiale nel
governo della Chiesa (CIC can. 337§2) e nella formulazione dell’insegnamento infallibile (CIC can.749§2).
– un ulteriore passo necessario è quello di promuovere la ricezione dei notevoli risultati di questi dialoghi, non solo attraverso la discussione tra esperti, ma a tutti i livelli, in modo che i risultati possano diventare patrimonio comune. Questo processo di accoglienza deve coinvolgere tutta la Chiesa: fedeli laici, teologi e pastori, con il coinvolgimento delle facoltà teologiche e delle commissioni ecumeniche locali. Può includere la promozione di un facile accesso ai documenti del dialogo, specialmente attraverso internet, la fornitura di traduzioni accurate, l’organizzazione di eventi accademici congiunti, l’incoraggiamento di risposte e l’attuazione locale di alcune delle loro proposte. I nuovi mezzi di comunicazione potrebbero anche offrire nuove opportunità per una Chiesa sinodale nell’era digitale.
– dopo il Concilio Vaticano II, lo sviluppo del “dialogo della carità” e del “dialogo della vita”, attraverso la preghiera e la testimonianza comune, gli accordi pastorali, lo scambio fraterno di lettere e di doni, le visite reciproche tra i leader cristiani a tutti i livelli, è ecumenicamente molto eloquente e ha fornito nuove prospettive teologiche per la questione del primato. È una vera teologia in azione, capace di aprire nuove prospettive al cammino comune delle Chiese. Così, gesti particolari e azioni simboliche da parte del Vescovo di Roma sono stati essenziali per costruire un clima di fiducia, rafforzare i legami di comunione, superare i pregiudizi storici e creare una nuova memoria, e per sviluppare un crescente apprezzamento ecumenico del suo “ministero dell’unità”. È importante che tali gesti e azioni continuino con creatività e generosità e che si rifletta su di essi dal punto di vista teologico.
Sulla base di questi principi e raccomandazioni può essere possibile per la Chiesa
cattolica rinnovare l’esercizio del ministero del Vescovo di Roma e proporre un modello di comunione basato su “un servizio d’amore riconosciuto dagli uni e dagli altri”. Una delle intuizioni fondamentali del movimento ecumenico è che l’unità a cui i cristiani aspirano non sarà principalmente il frutto dei loro sforzi, né sarà realizzata attraverso un modello o uno schema preconcetto. Piuttosto, l’unità sarà un dono ricevuto “come Cristo vuole e con i mezzi che egli vuole” (Preghiera per l’unità di padre Paul Couturier), per opera dello Spirito Santo. Come ha affermato Papa Francesco nell’Omelia per i Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo Apostolo del 25 gennaio 2014: “il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per il futuro”.