Giovedì della terza settimana di Quaresima
La pericope consiste d’un primo passo che tratta del contrasto a proposito di Beelzebul e della sentenza del ritorno offensivo dello spirito malvagio. L’accusa è quella di scacciare i demoni per aver stipulato un patto col diavolo! È il destino di ogni profeta. Ma Gesù risponde con una, anzi due immagini forti. La prima: Gesù, il più forte, è venuto come un potente condottiero e ha sconfitto il forte, cioè Satana. La sconfitta di quest’ultimo è definitiva, ormai privato della sua armatura (l’esercito dei demoni). La distribuzione del bottino sottolinea ancora una volta la sconfitta. La sconfitta di Satana, che deve ancora avvenire, viene qui riferita al presente con una abbreviazione delle prospettive temporali. Di fronte al chiaro schieramento dei due fronti, la parola finale esorta a prendere una decisione: non si può restare in una posizione intermedia e conservare la neutralità. L’alternativa significa o raccogliere con Gesù o disperdere, pena un rischio ancora maggiore. La seconda immagine è quella del vagare errabondo dello spirito maligno, che ambisce a tornare nella sua “casa”. Essa vuole esprimere molto di più dell’occasionale ricaduta: la sperimentazione entusiasta della liberazione espone il liberato ad una maggiore minaccia da parte delle forze malvagie scacciate. La ricaduta non riporterebbe in vita la situazione antica, ma condurrebbe a una sorte ben peggiore, la schiavitù totale! Ecco perché la chiesa antica valutava con estremo riserbo la questione d’una seconda conversione.
Gregorio Magno, Omelie sui vangeli 2, 39, 9
Aderiamo a Cristo nella fede e con le opere, per non essere rapiti dal Maligno. – Che diremo dunque nella nostra miseria e che potremo fare, avendo commesso cosí tanti peccati? Che diremo all’Avversario che esaminandoci troverà in noi molto di simile a sé, se non che abbiamo un rifugio sicuro e una salda speranza perché costituiamo un’unica realtà con Colui nel quale il principe di questo mondo cercò qualcosa di suo senza riuscire in alcun modo a trovarlo? Egli solo, infatti, è libero tra i morti. Noi godiamo di una vera libertà dai vincoli del peccato perché siamo uniti a Colui che è davvero libero. E certo infatti, e non è possibile negarlo ma lo confessiamo in omaggio alla verità, che il principe di questo mondo ha un grande potere su di noi. Egli però non sarà in grado di trascinarci con sé nell’ora della nostra morte perché siamo stati costituiti membra di Colui sul quale egli non può nulla. Che giova però se siamo uniti al nostro Redentore mediante la fede ma ne siamo lontani con le opere? Egli infatti pro-clama: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli. Alla retta fede dobbiamo dunque abbinare l’onestà delle opere.
Distruggiamo ogni giorno nel pianto il male compiuto, ripariamo le iniquità di un tempo con opere di giustizia suggerite dall’amore di Dio e del prossimo, e non rifiutiamo di dare ai fratelli l’aiuto che ci è consentito dalle nostre possibilità. In nessun altro modo infatti diventiamo membra del nostro Redentore se non aderendo a Dio e aiutando il prossimo.