Jean-Marc Aveline, il cardinale del Mediterraneo: lo sguardo europeo, il cuore francescano, il dialogo tra le religione. Di fronte a un mondo diviso, il cardinale di Marsiglia propone ponti. La sua voce, europea e mediterranea, si alza tra le sfide globali. E molti si chiedono: sarà lui il prossimo Papa?
In un’epoca in cui il Mediterraneo è tornato a essere crocevia di popoli, fede e conflitti, il Cardinale Jean-Marc Aveline si distingue come voce limpida, coerente, profonda. Nato in Algeria, cresciuto in Francia, e oggi pastore a Marsiglia — città frontiera per eccellenza — incarna con rara evidenza quello sguardo che Papa Francesco invoca per la Chiesa del terzo millennio: “una Chiesa in uscita”, capace di abbracciare le periferie geografiche ed esistenziali.
Aveline è figlio di Sidi Bel Abbès, terra maghrebina che gli ha consegnato sin dall’infanzia il DNA del dialogo tra mondi. Ordinato sacerdote nel 1984, ha percorso con rigore il cammino accademico e pastorale fino alla porpora cardinalizia ricevuta da Francesco nel 2022. Ma non è solo il curriculum ad accendere su di lui i riflettori: è il suo respiro spirituale, “francescano” nel senso più profondo e non retorico del termine.
Un Mediterraneo da riparare, non da temere
“A scuola di Francesco d’Assisi”, come lui stesso ama dire, Aveline guarda alla Medusa dei conflitti mediterranei non con lo sguardo paralizzante della paura, ma con quello trasfigurante della speranza. Come il poverello di Assisi che attraversò il fronte crociato per incontrare il sultano al-Kamil a Damietta, anche Aveline crede nel dialogo “a altezza di volto”. Non slogan, ma concretezza: giornate islamo-cristiane con le famiglie a Marsiglia, scuole cattoliche aperte a bambini musulmani, ponti educativi e pastorali là dove molti innalzerebbero muri.
Alla guida di una delle diocesi europee più multiculturali, dove oltre un terzo della popolazione è di fede islamica, il cardinale francese insiste: “Finché non hai un amico musulmano, non conosci davvero l’islam”. È una frase semplice, ma rivoluzionaria nel contesto di una Chiesa chiamata oggi più che mai a rispondere non con il giudizio, ma con la prossimità.
Il sogno francescano di Francesco
L’intesa spirituale tra Papa Francesco e il cardinale Aveline è evidente. Entrambi innamorati del carisma di san Francesco, entrambi affascinati dalla forza mite del dialogo, entrambi decisi a spingere la Chiesa fuori dai salotti del potere per entrare nelle case degli ultimi. Durante le Rencontres Méditerranéennes del 2023 a Marsiglia, il Pontefice ha affidato parole accese a una folla che gremiva il Vélodrome: “L’Europa ha bisogno di un nuovo tressaillement, un sussulto di fede, carità e speranza”. Al suo fianco, Aveline non solo ha accolto il Papa, ma ha dato gambe e cuore a quell’appello, riunendo vescovi e giovani delle cinque rive del Mediterraneo in una vera sinfonia di popoli e spiritualità.
L’eco di quell’esperienza continua a vibrare: viaggi comuni tra cristiani, ebrei e musulmani; iniziative con teologi e operatori della pace; fino al progetto simbolico del “Bel Espoir”, un veliero con a bordo ottanta giovani di tutte le fedi, in rotta attraverso i porti del Mare Nostrum. È la contro-narrazione evangelica al mare che inghiotte migranti e speranze, che risponde alla morte con la fraternità.
Un possibile Papa dal volto del Sud
La sua visione ampia, la lucidità teologica, la concretezza pastorale e una spiritualità profondamente incarnata fanno di Jean-Marc Aveline una figura centrale nella Chiesa di oggi — e, forse, di domani. È un pastore che conosce l’Europa ma non la idealizza, che guarda al Mediterraneo come ferita e culla, che crede nel valore dell’islam senza nasconderne le sfide.
Sarebbe, se mai eletto, un Papa dal volto del Sud, pur con radici europee. Un Papa che porterebbe sulla cattedra di Pietro non solo l’eredità conciliare, ma anche l’intuizione di Francesco: quella Chiesa “ospedale da campo” che non ha paura di sporcarsi le mani con le questioni brucianti del nostro tempo — la migrazione, il dialogo interreligioso, la pace mutilata.
Un uomo di speranza fragile, e dunque profetica
“Le vere iniziative di pace sembrano fragili — ammette lui stesso — ma sono profetiche”. Come quella di Francesco che partì per Damietta, incompreso e disarmato. O come i francescani oggi, sparsi nei quartieri più dimenticati del Mediterraneo, che vivono il Vangelo “facendo poco rumore”.
La Chiesa di domani non si costruirà nei palazzi, ma sulle rive di Lampedusa, sulle colline di Betlemme, nei vicoli di Marsiglia o Aleppo. E forse, proprio per questo, lo sguardo profondo e mite del cardinale Jean-Marc Aveline ci appare sempre più come lo sguardo di un possibile Papa. Un Papa del Mediterraneo, che sappia tenere insieme Europa e Sud del mondo, vangelo e dialogo, verità e tenerezza.
Un Papa del dialogo?
Nel prossimo conclave, se i cardinali vorranno eleggere un Papa capace di parlare al Sud del mondo senza dimenticare il Nord, un uomo di cultura ma anche di cuore, un cristiano saldamente radicato nella fede ma non spaventato dalla diversità, Jean-Marc Aveline sarà sicuramente in cima alla lista.
Perché in un tempo assetato di pace, forse il prossimo Papa dovrà essere, prima di tutto, un uomo di dialogo. E Aveline lo è, profondamente. Con lo sguardo rivolto al Mediterraneo, ma il cuore già oltre ogni frontiera.
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