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L’umanesimo predicato da papa Francesco. La profezia del cammino sinodale

da | 25 Ago 2023 | Teologia

Era il 10 novembre 2015 quando papa Francesco incontrava a Firenze la Chiesa Italiana, riunita per celebrare il V Convegno Ecclesiale Nazionale, e indicava la via dell’umanesimo a partire dall’Ecce Homo; oggi siamo pienamente immersi nel cammino sinodale, ma già in quell’occasione le parole del Vescovo di Roma aprivano la strada a questo nuovo vento dello Spirito e della riforma ecclesiale.

Papa Francesco diceva: «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato».

Sono stati tanti e profondi i temi trattati da Papa Francesco in questo Discorso: dal volto di Cristo al suo abbassamento, dall’umiltà al disinteresse, dalla spogliazione interiore alla beatitudine, dalla misericordia alla sinodalità, dagli attuali pericoli dottrinali alla povertà, dal mondo giovanile al dialogo, dall’incontro alla generatività.

La domanda – la provocazione – che Francesco rivolge alla Chiesa, allora come oggi, è quella gesuana che ritroviamo nella narrazione di Matteo: «Voi, chi dite che io sia?» (16,15); da qui può nascere una riflessione antropologica: sul senso della vita, sul cammino da percorrere, sulla lettura esistenziale e del tempo presente a partire dalla Rivelazione, sulle nostre origini e sul compito che ci è affidato, sulle nostre personali libertà e responsabilità nei confronti della storia e delle future generazioni. Egli declina – per la Chiesa Italiana – la sinodalità secondo tre fondamentali atteggiamenti cristiani: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità».

L’anno precedente – alla stessa Chiesa che è in Italia – papa Francesco indicava con parresia evangelica la strada dell’umanità nuova, redenta dall’amore misericordioso e trinitario: «Il bisogno di un nuovo umanesimo è gridato da una società priva di speranza, scossa in tante sue certezze fondamentali, impoverita da una crisi che, più che economica, è culturale, morale e spirituale» (Discorso 10.05.2014); esso passa dalla riconciliazione: «Fratelli, nel nostro contesto spesso confuso e disgregato, la prima missione ecclesiale rimane quella di essere lievito di unità, che fermenta nel farsi prossimo e nelle diverse forme di riconciliazione: solo insieme riusciremo – e questo è il tratto conclusivo del profilo del Pastore – a essere profezia del Regno» (Ibidem), dalla compassione: «La vera misericordia si fa carico della persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione. E questo è faticoso, sì, certamente. Il sacerdote veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano… ma perché lo fa? Perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!» (Discorso ai parroci di Roma, 6.03.2014), dall’edificazione dell’unità nella grande famiglia umana: «Non a una professione, a un ministero – questo ministero vi chiede un uscire da voi stessi, un distacco da sé che può essere raggiunto unicamente attraverso un intenso cammino spirituale e una seria unificazione della vita attorno al mistero dell’amore di Dio e all’imperscrutabile disegno della sua chiamata. Nella luce della fede, noi possiamo vivere la libertà dai nostri progetti e dalla nostra volontà non come motivo di frustrazione o di svuotamento, ma come apertura al dono sovrabbondante di Dio, che rende fecondo il nostro sacerdozio» (Discorso alla comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 6.06.2013).

Il cammino sinodale – sognato dal Papa Francesco e proposto alla Chiesa universale – passa dai «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5); è lontano da vuote e astratte sensazioni provvisorie; ricusa la vanagloria personale, al fine di perseguire la gloria di Dio; combatte quel narcisismo autoreferenziale, a vantaggio della Chiesa-in-uscita; lavora per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno, solidale e in pace; aiuta quella trascendenza-da-sé, che permette la fecondità nel dono; nasce dalla povertà di spirito, che genera la misericordia verso gli altri; è la via delle beatitudini (cfr. Mt 5,1-12): amicizia con Dio e cuore aperto verso gli altri; si lascia condurre dal soffio dello Spirito, facendosi saggiamente inquietare dagli aneliti della persona umana; chiede alla comunità credente di rimanere aperta alle sfide, e non chiusa nella difensiva; accoglie pienamente il mistero dell’Incarnazione, rimanendo in un vivo contatto con l’intero popolo dei credenti; si lascia ancora stupire dal kerygma e predilige l’opzione per i poveri; cerca il bene comune, nell’incontro e nel dialogo; è consapevole del necessario esodo da se stessi, per accogliere Dio e gli altri; chiama in causa il mondo giovanile, affinché porti il suo entusiasmo nella costruzione del regno di Dio e di una civiltà dell’amore; vive nelle piazze e non solo nelle sacrestie, come un ospedale da campo; crede nel genio creativo della intera comunità, e non di sole élite.

Oggi ci troviamo pienamente immersi nel processo sinodale: l’intera comunità dei credenti, dal popolo di Dio ai consacrati ai pastori; facciamo nostre le salutari pro-vocazioni che papa Francesco ci dona, affinché in esse scorgiamo le trame redentive che lo Spirito continua a tessere nella nostra storia e per il mondo intero.

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