Periodico di informazione religiosa

Sperare insieme, custodi dell’armonia. Il Viaggio Apostolico di papa Francesco in Mongolia, 31 agosto – 4 settembre

da | 4 Set 2023 | Teologia

“Sperare insieme” è stata la frase programmatica del Viaggio Apostolico che il Santo Padre papa Francesco ha vissuto in Mongolia nei giorni scorsi. Tempo ricco di incontri, riflessioni, confronti, nuove conoscenze ed esperienze; da parte del cattolicesimo che dall’Occidente guarda ai pochi fedeli che abitano il vastissimo territorio asiatico. A colloquio con i circa 70 giornalisti sul volo di andata, papa Francesco ha definito, infatti, quella porzione di Chiesa come «un piccolo popolo in una terra grande»; l’80% della popolazione è costituito da buddhisti, e i cristiani sono l’1,3%.

Nell’Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico, Francesco si è definito «pellegrino di amicizia», e ha spronato tutti alla cura del creato: «La vostra sapienza, la sapienza del vostro popolo, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente, una terra ancora feconda. Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra»; alla pace: «La Mongolia di oggi, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale. Vorrei menzionare anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale. Inoltre – altro provvido elemento da segnalare – la pena capitale non compare più nel vostro ordinamento giudiziale»; ai valori della vita interiore: «Vorrei sottolineare questo atteggiamento fondamentale che la vostra tradizione ci aiuta a riscoprire: saper tenere gli occhi rivolti in alto. Alzare gli occhi al cielo – l’eterno cielo blu da voi sempre venerato – significa restare in un atteggiamento di docile apertura agli insegnamenti religiosi. C’è infatti una profonda connotazione spirituale tra le fibre della vostra identità culturale ed è bello che la Mongolia sia un simbolo di libertà religiosa. Nella contemplazione degli orizzonti sterminati e poco popolati da esseri umani, si è affinata infatti nel vostro popolo una propensione al dato spirituale, a cui si accede dando valore al silenzio e all’interiorità. Davanti al solenne imporsi della terra che vi circonda con i suoi innumerevoli fenomeni naturali, nasce anche un senso di stupore, il quale suggerisce umiltà e frugalità, scelta dell’essenziale e capacità di distacco da tutto ciò che non lo è. Penso al pericolo rappresentato dallo spirito consumistico che oggi, oltre a creare tante ingiustizie, porta a un individualismo dimentico degli altri e delle buone tradizioni ricevute. Le religioni invece, quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione. Questa costituisce a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi. La corruzione impoverisce Paesi interi. È indice di uno sguardo che si allontana dal cielo e fugge i vasti orizzonti della fraternità, chiudendosi in sé stesso e anteponendo a tutto i propri interessi.

Di sguardo verso l’alto e di ampie vedute furono invece protagonisti molti dei vostri leader antichi, i quali dimostrarono una non comune capacità di integrare voci ed esperienze diverse, anche dal punto di vista religioso».

Durante il pomeridiano Incontro con i vescovi, i sacerdoti, i missionari, i consacrati, le consacrate e gli operatori pastorali, il Papa, lo stesso sabato 2 settembre, ha incoraggiato i discepoli del Signore che vivono e operano in Mongolia a spendere la vita per il Vangelo, recando a ognuno la lieta novella della salvezza: «Sì, è Lui la buona notizia destinata a tutti i popoli, l’annuncio che la Chiesa non può smettere di portare, incarnandolo nella vita e “sussurrandolo” al cuore dei singoli e delle culture. Il linguaggio di Dio, tante volte, è un sussurro lento, che prende il suo tempo; Egli parla così. Questa esperienza dell’amore di Dio in Cristo è pura luce che trasfigura il volto e lo rende a sua volta luminoso. Fratelli e sorelle, la vita cristiana nasce dalla contemplazione di questo volto, è questione di amore, di incontro quotidiano con il Signore nella Parola e nel Pane di vita, e nel volto dell’altro, nei bisognosi in cui Gesù è presente». Per operare l’annuncio – e incarnare pienamente la missione dell’edificazione del regno divino – sottolinea il Vescovo di Roma che l’adorazione deve rimanere il centro della vita del testimone di fede: «Al tempo stesso vi invito a gustare e vedere il Signore – gustare e vedere il Signore –, vi invito a tornare sempre e di nuovo a quello sguardo originario da cui tutto è nato. Senza di esso, infatti, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione. Invece, rimanendo a contatto con il volto di Cristo, scrutandolo nelle Scritture e contemplandolo in silenzio adorante – in silenzio adorante – davanti al tabernacolo, lo riconoscerete nel volto di quanti servite e vi sentirete trasportati da un’intima gioia, che anche nelle difficoltà lascia la pace nel cuore. Di questo c’è bisogno, oggi e sempre: non di persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti, col rischio talvolta di apparire amareggiate per una vita certamente non facile, no: il cristiano è colui che è capace di adorare, adorare in silenzio. E poi, da questa adorazione scaturisce l’attività. Ma non dimenticate l’adorazione. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione in questo secolo pragmatico: non dimenticatevi di adorare e, dall’adorazione, fare le cose. Occorre tornare alla fonte, al volto di Gesù, alla sua presenza da gustare: è Lui il nostro tesoro (cfr Mt 13,44), la perla preziosa per la quale vale la pena spendere tutto (cfr Mt 13,45-46)». Dall’adorazione scaturiscono: la ricerca della comunione e la vicinanza alla gente; lo ha ricordato lo stesso Pontefice: «Tutta la Chiesa è vicina a voi, alla vostra comunità, che è veramente cattolica, cioè universale, e che attira la simpatia di tutti i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo verso la Mongolia, in una grande comunione ecclesiale. E sottolineo questa parola: comunione. La Chiesa non si comprende in base ad un criterio puramente funzionale: no, la Chiesa non è una ditta funzionale, la Chiesa non cresce per proselitismo, come ho detto. La Chiesa è un’altra cosa. La parola “comunione” ci spiega bene cos’è la Chiesa. In questo corpo della Chiesa, il Vescovo non fa da moderatore delle diverse componenti magari basandosi sul principio della maggioranza, ma in forza di un principio spirituale, per cui Gesù stesso si fa presente nella persona del Vescovo per assicurare la comunione nel suo Corpo mistico. In altre parole, l’unità nella Chiesa non è questione di ordine e di rispetto, e nemmeno una buona strategia per “fare squadra”; è questione di fede e di amore al Signore, è fedeltà a Lui. Perciò è importante che tutte le componenti ecclesiali si compattino intorno al Vescovo, che rappresenta Cristo vivo in mezzo al suo Popolo, costruendo quella comunione sinodale che è già annuncio e che tanto aiuta a inculturare la fede. Carissimi Missionari e Missionarie, gustate e vedete il dono che siete, gustate e vedete la bellezza di donarvi interamente a Cristo che vi ha chiamati a testimoniare il suo amore proprio qui in Mongolia. Continuate a farlo coltivando la comunione. Realizzatelo nella semplicità di una vita sobria, a imitazione del Signore, entrato a Gerusalemme a dorso di un mulo e spogliato persino delle vesti sulla croce. Siate sempre vicini alla gente, con quella vicinanza che è l’atteggiamento di Dio: Dio è vicino, compassionevole e tenero – vicinanza, compassione e tenerezza. Siate così con la gente, prendendovene cura personalmente, imparando la lingua, rispettando e amando la loro cultura, non lasciandovi tentare da sicurezze mondane, ma rimanendo saldi nel Vangelo attraverso un’esemplare rettitudine di vita spirituale e morale. Semplicità e vicinanza, dunque, senza stancarvi di portare a Gesù i volti e le storie che incontrate, i problemi e le preoccupazioni, spendendo tempo nella preghiera quotidiana, che vi permette di stare in piedi nelle fatiche del servizio e di attingere al “Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3) la speranza da riversare nei cuori di quanti soffrono».

Nell’Incontro ecumenico e interreligioso, il Papa si è soffermato sugli alti valori della convivenza pacifica, dell’armonia e della bellezza da ricercare e custodire; egli ha ricordato a tutti dieci aspetti che il continente asiatico eredita dalle millenarie tradizioni religiose presenti nei suoi vasti territori: «Mi limito a citare, senza approfondirli, dieci aspetti di questo patrimonio sapienziale. Dieci aspetti: il buon rapporto con la tradizione, nonostante le tentazioni del consumismo; il rispetto per gli anziani e gli antenati –  quanto bisogno abbiamo oggi di un’alleanza generazionale tra loro e i più giovani, di dialogo tra nonni e nipoti! E poi, la cura per l’ambiente, nostra casa comune, altra necessità tremendamente attuale: siamo in pericolo. E ancora: il valore del silenzio e della vita interiore, antidoto spirituale a tanti malanni del mondo odierno. Quindi, un sano senso di frugalità; il valore dell’accoglienza; la capacità di resistere all’attaccamento alle cose; la solidarietà, che nasce dalla cultura dei legami tra le persone; l’apprezzamento per la semplicità. E, infine, un certo pragmatismo esistenziale, che tende a ricercare con tenacia il bene del singolo e della comunità. Questi dieci sono alcuni elementi del patrimonio di sapienza che questo Paese può offrire al mondo». Francesco ha posto l’attenzione sulla centralità dello stare insieme, dell’arricchimento franco e reciproco che avviene tra i diversi che si ritrovano in unità; al fine di costruire una «umanità riconciliata e prospera», che si impegna per la giustizia e la pace.

Da questo Viaggio di papa Francesco – nel cuore del continente asiatico – attingiamo anche noi quello «sperare insieme»; quel rimanere «in piedi», costruttori della civiltà dell’amore, capaci di dialogo e pacifica convivenza con tutti.

 

© Photo Mazur/catholicnews.org.uk https://flic.kr/p/RzYaCZ

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