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U di UMBERTO GALIMBERTI

by | 31 Mag 2024 | Filosofia

UMBERTO GALIMBERTI

In Italia, in un anno, si suicidano in media circa 400 studenti. Ci sono delle colpe che vogliamo condividere tutti insieme, a partire da coloro che spendono più tempo con i ragazzi, incaricati quali siamo di prenderci cura di loro, della loro formazione, della loro crescita come esseri umani? Famiglia, scuola, istituzioni sportive o educative in generale. Termini astratti. Genitori, insegnanti, amici, fratelli, educatori sportivi o parrocchiali o sociali. Persone concrete. 

Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista italiano, ha affrontato il tema dell’insegnamento a scuola da diverse prospettive nel corso della sua carriera. Una delle sue principali critiche riguarda il sistema educativo tradizionale, che spesso, secondo lui, non tiene conto delle esigenze e delle peculiarità individuali degli studenti. C’è un’ eccessiva standardizzazione dell’insegnamento, che tende a omogeneizzare il percorso educativo degli studenti senza tener conto delle loro differenze individuali. Risulta semmai essenziale un’educazione personalizzata che tenga conto delle specifiche esigenze, abilità e interessi di ciascuno studente, promuovendo così una maggiore motivazione e partecipazione attiva. Per questo Galimberti evince quattro caratteristiche peculiari in un insegnante:

  1. EMPATIA, virtù, facoltà psicologico-affettiva che si possiede, o no, su cui si è lavorato fin da quando si era piccoli, oppure no. Senza empatia non si può capire cosa accade nella vita affettiva, emotiva, psicologica dello studente, rendendo impraticabile la costruzione di una relazione educativa perché si erge come un muro tra i due proprio a livello comunicativo
  2. CONOSCENZA DELLA PSICOLOGIA EVOLUTIVA, in quanto si  ha comunque sempre a che fare non con esseri già dati, definiti, perfettamente formati, ma con individui in fase di definizione, cangianti, precari e sensibili all’evoluzione che può essere influenzata benissimo dall’ambiente e dagli altri intorno con cui stringe o semplicemente entra in qualsiasi forma di relazione.
  3. STILE o DOTI DI RECITAZIONE, non per assomigliare a Benigni o a Brad Pitt (si scherza) ma sicuramente si tratta di possedere abilità comunicative per poter appassionare, e non solo comunicare bene, un qualsiasi argomento didattico, dal momento che le neuroscienze hanno assodato che si apprende più facilmente non ciò che viene imposto obbligatoriamente ma ciò per cui si prova piacere, diletto, oltre che interesse.
  4. TEST DI VERIFICA della personalità e del grado di soddisfazione proprio e altrui raggiunto, a cui si deve essere sottoposti regolarmente, come per gli altri mestieri.

Con ciò Galimberti evidenzia la necessità di integrare l’educazione emotiva e morale nel curriculum scolastico, affinché gli studenti possano sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, nonché competenze relazionali e di gestione delle emozioni. Dal punto di vista filosofico Galimberti è altamente interessante per un altro aspetto però. Egli intende infatti la filosofia come sviluppo di un senso critico, un non accettare passivamente il dato, le risposte o le non risposte del senso comune. Distinguendo tra paura e angoscia, ad esempio, Galimberti spiega che la prima è un meccanismo di difesa nei confronti di qualcosa percepito come un pericolo reale, mentre la seconda è un inquietante, un qualcosa di non familiare, di non reale o che non si è in grado di riconoscere , davanti al quale non si è in grado di riconoscersi. Nello studio e in una disamina della vita e della formazione dei bambini, primi attori del nostro sistema scolastico, Galimberti individua che essi sono i primi a soffrire di angoscia, non di paura. E per ridurre l’angoscia cercano nessi causali, per rintracciare come da una causa  x si inneschi un effetto y. Così facendo si acquisiscono i primi dati per un orientamento che distingua le cose nello spazio evitando la minaccia del nulla. Accendere o spegnere la luce non è un gioco, ma una ricerca del principio di causalità. Galimberti si chiede criticamente come possono crescere in questa società bambini a cui i genitori non sanno rispondere quando li si interroga sulle cause e sugli effetti delle cose, o intorno a questioni che neppure loro si erano mai posti. Questa assenza di risposte genera nel bambino la mancanza di mappe emotive, cognitive, che poi determineranno la percezione del vissuto e dell’ambiente sociale, oltre a causare danni relazionali maggiormente visibili in adolescenza e oltre. La sfera maggiormente intaccata sarà la sfera cognitiva della costruzione della propria identità, dal lato dell’autostima (sentimento di sé), anzitutto. perché l’autostima sappiamo essere quel sentimento che si ottiene attraverso il riconoscimento, attraverso le parole che gli altri significativi ci rivolgono da quando siamo piccoli. L’identità per Galimberti è il prodotto di un riconoscimento, alla base di una relazione, che non dipende da noi ma anzitutto dalle relazioni che abbiamo avuto e che coltiviamo o in cui siamo inseriti.. 

Se i primi “altri significativi” a casa sono i genitori, a scuola saranno gli insegnanti, la maestra, i compagni. E se a casa si parla male della maestra, ecco come nel bambino si genera una dissonanza affettiva perché la “seconda mamma”, la maestra, entra in competizione con la prima e il bambino ne soffre. Chi sono gli psicotici? Persone a cui si è scissa la struttura sentimentale da piccoli. Gli schizofrenici? Coloro che sono stati spezzati a livello affettivo-sentimentale. Per Galimberti quando i genitori pensano di saperne più di maestre e medici inducono una destrutturazione dell’affettività nascente nel bambino, una diversificazione dell’affettività, generando un danno o psichico oppure portando il bambino verso un cinismo di sfiducia totale e generalizzata. In un patto scuola, famiglia, individuo e società, Galimberti sostiene che l’educazione dovrebbe essere più centrata sullo sviluppo della personalità e sull‘auto-realizzazione degli individui, anziché concentrarsi esclusivamente sul trasferimento di conoscenze, perché l’ insegnamento si dia più come un processo interattivo in cui gli insegnanti fungono da facilitatori dell’apprendimento anziché semplici trasmettitori di informazioni. Un approccio, il suo, in grado di porre l’accento sull’importanza della relazione tra insegnanti e studenti, incoraggiando un dialogo aperto e reciproco che crei in tutti un clima sereno di maturazione e di espressione, di partecipazione attiva e di evoluzione umana, psicologica, fisica, sociale e spirituale.

 

©photoValerio Aiuti https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Umberto_galimberti.jpg#/media/File:Umberto_galimberti.jpg

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