«Cari fratelli e sorelle, Gesù è entrato in Gerusalemme come Re umile e pacifico: apriamo a Lui i nostri cuori! Solo Lui ci può liberare dall’inimicizia, dall’odio, dalla violenza, perché Lui è la misericordia e il perdono dei peccati»; sono state queste le parole che il Santo Padre ha pronunciato durante la preghiera dell’Angelus, in questa Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Cogliamo come esse risentono fortemente del clima di tensione che stiamo respirando sul nostro pianeta, ormai da qualche anno: conflitti armati, invasioni militari, attentati. La pace e la giustizia anelano a riconquistare quello spazio pubblico che facilita l’auspicata fraternità universale a cui la Rivelazione e il Magistero ci chiamano.
Siamo entrati nella Settimana Santa, ormai vicini alla Pasqua di morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. In questi giorni la liturgia ci invita fortemente a contemplare la passione e la croce del Nazareno, segno più alto dell’abbassamento di Dio, a vantaggio di tutto il genere umano. L’umiltà di Dio si rivela – primieramente – nell’incarnazione del Verbo (cfr. Gv 1,14), nell’entrata del Messia in Gerusalemme (cfr. Mc 11,1-10), nella lavanda dei piedi ai discepoli (cfr. Gv 13,1-17), nel dono del suo corpo e del suo sangue (cfr. 1Cor 11,23-29).
La liturgia di questa solennità ci rammenda lo smisurato amore divino per la persona umana: desideri, sentimenti, atteggiamenti che edificano la redenzione universale. La nostra libertà è radicalmente interpellata: entrare nella vita o permanere nell’indifferenza, accogliere la pienezza del bene e della gioia o rimanere prigionieri della tiepidezza. La Pasqua di Israele e del nostro Dio ci invitano a risorgere; per pellegrinare – nella nostra quotidianità – «lieti nella speranza» (Rm 12,12), saldi nella fede, instancabili nella carità.