“Stupito per gli insulti a Papa Francesco”, Lucio Caracciolo e il rebus di Papa Leone, tra geopolitica vaticana, tradizionalismo e sfida americana
Martedì 1 luglio, alle ore 18, nella suggestiva cornice dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, è stato presentato il nuovo volume di Limes, “Il Rebus di Papa Leone“, dedicato al nuovo pontefice, primo americano della storia, e all’inarrestabile dinamica geopolitica che attraversa la Chiesa Cattolica.
Tra le autorità intervenute, come il cardinale Reina, spicca il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, che ha offerto una lettura profonda e originale del momento che vive la Chiesa e del significato planetario dell’elezione di Papa Leone. Un’analisi che intreccia la spiritualità con le sfide strategiche, le tensioni interne alla Chiesa e i nuovi equilibri globali, in particolare il legame – sempre più evidente – tra Vaticano e Stati Uniti.
“Il Papato? È sempre stato un soggetto geopolitico”
Nel suo intervento, Caracciolo ha esordito con un’affermazione limpida: “Perché una rivista di geopolitica si occupa del Papato? Perché il Papato, la Santa Sede, è un soggetto geopolitico. Lo è da sempre e lo è tuttora”. In questa affermazione si condensa la visione che anima il nuovo numero di Limes. La Chiesa – spiega il direttore – non è solo una comunità di fede, ma anche una rete globale di potere organizzata in diocesi, vere e proprie unità geopolitiche, capaci di coprire ogni zolla del pianeta con la loro presenza capillare. Una struttura secolare, ben più longeva di qualunque impero, che oggi deve confrontarsi con una crisi profonda: non solo di vocazioni, ma soprattutto di identità.
Da alcuni cardinali insulti a Papa Francesco?
Tra i passaggi più forti del discorso, la riflessione sull’eredità di Papa Francesco: “Sono rimasto addolorato – ha detto Caracciolo – dal modo in cui negli ultimi anni alcuni cardinali hanno pubblicamente non criticato, ma insultato il Papa. Non mi era mai successo. È un segnale grave che investe non tanto la dottrina, quanto il costume”.
E ha proseguito: “È questo, credo, un segnale abbastanza grave che non investe né la dottrina, né le liturgie, ma il costume. Credo che uno dei compiti che un Papa, eletto per riunire la chiesa, deve assolvere sia quello di cambiare il tono. E mi pare che ci stia riuscendo“.
Papa Francesco ha incarnato un’epoca di scosse, di rotture, di “casino” – come lui stesso diceva, “Fate casino!”. Secondo lui la Chiesa aveva bisogno di uno scossone. Un tentativo di scrollare la Chiesa dai suoi frutti marci. Ma ora, con Leone, si apre una fase diversa, riportare un po’ di ordine. E l’equilibrio da trovare non è solo ecclesiale: è profondamente geopolitico
Gli Stati Uniti e il neo-costantinismo
Una delle analisi più originali proposte da Caracciolo riguarda il nuovo rapporto tra Vaticano e potere americano. L’attuale amministrazione statunitense, nella quale sono presenti ben 9 cattolici su 26 membri di gabinetto, sembra voler usare la Chiesa come fattore coesivo per una società americana sempre più fratturata. “Trump – osserva Caracciolo – ha bisogno di riunire un paese diviso come mai prima, forse dai tempi della guerra civile. E il cattolicesimo, con la sua liturgia, la sua organizzazione e la sua idea comunitaria, appare utile a questo scopo”.
Non è un caso che l’attuale vicepresidente J.D. Vance, convertitosi di recente, sia spesso descritto come “il Papa dell’America”: un ruolo semi-spirituale che riflette un disegno neo-costantiniano, in cui il potere politico si serve della religione per consolidarsi, come fece l’imperatore Costantino con Nicea nel IV secolo.
Una lettura affilata, che vede nella riscoperta del tradizionalismo liturgico (la Messa in latino, ad esempio) non un rigurgito nostalgico, ma una strategia di identità. “Paradossalmente – nota Caracciolo – la lingua che non capisci ti fa sentire parte di una comunità. È quasi un effetto setta, ma ha qualcosa di ideale”. Una sorta di codice condiviso, in grado di rinsaldare il senso di appartenenza. E in quest’ambito, il Papa americano, anche se non vorrà, sarà tirato per la giacca.
Papa Leone, tra “ordine dell’amore” e sfida globale
Uno dei concetti più discussi nella nuova fase papale è quello dell’ordo amoris, propugnato da Vance: una gerarchia affettiva e politica che pone al primo posto la famiglia, poi il vicinato, quindi la comunità, infine la patria. Solo in ultimo arriva il resto del mondo. Un modello che riecheggia l’impostazione aristotelica-tomista e che molti leggono come un’architettura per una Chiesa al servizio della nazione, o peggio, di un’ideologia.
“Il rischio – avverte Caracciolo – è che si voglia usare la Chiesa per fini politici. Ma un Papa non può essere il cappellano di Trump”. Ecco dunque il nodo: quanto Papa Leone sarà americano? Riuscirà a tenere insieme la propria origine con il mandato universale del papato?
La sensazione – dice Caracciolo – è che Leone abbia un rapporto laico con gli Stati Uniti: consapevole delle sue radici, ma non disposto a piegare la Chiesa a una logica di potenza. Come Francesco, Leone sembra voler difendere una Chiesa libera, capace di parlare al mondo senza essere strumentalizzata dai poteri secolari.
Il Papa della pace in un mondo di guerra
Nelle sue prime uscite, Leone ha insistito sulla pace come valore fondativo. Una parola semplice, ma oggi controcorrente: “è una parola estremamente preziosa nel momento in cui siamo invasi unicamente dalla comunicazione di guerra, dalla retorica della guerra“, ha detto Caracciolo.
In questo, Leone sembra voler proseguire il cammino di Francesco: un papato non schierato, attento ai poveri e alle periferie, critico verso ogni forma di impero (sia esso russo, americano o europeo), e soprattutto determinato a difendere l’autonomia spirituale della Chiesa.
Un papato al bivio
Il discorso di Lucio Caracciolo ha restituito tutta la complessità del momento storico in cui si trova la Chiesa cattolica. Da una parte l’eredità di Francesco, che ha voluto scrollare la struttura per purificarla; dall’altra l’arrivo di Leone, chiamato a ricostruire e riordinare senza perdere la tensione evangelica.
Nel mezzo, il peso di una nazione – gli Stati Uniti – che guarda al Vaticano come possibile alleato spirituale in una battaglia tutta politica. Una sfida antica, quella tra Costantino e Pietro, tra potere e profezia, che si rinnova oggi sotto le volte di San Pietro.
Il rebus di Papa Leone è appena cominciato.