«Non possiamo fare a meno della Parola di Dio, della sua forza mite che, come in un dialogo, tocca il cuore, s’imprime nell’anima, la rinnova con la pace di Gesù, che rende inquieti per gli altri»: sono state alcune delle espressioni pronunciate da papa Francesco nella celebrazione di ieri – domenica 21 gennaio – giornata, dedicata, particolarmente, alla Parola divina.
Nella domenica della Parola di Dio, la voce di Francesco esorta tutti i cristiani: «Fratelli e sorelle, lasciamoci conquistare dalla bellezza che la Parola di Dio porta nella vita», poiché «la Parola di Dio sprigiona la potenza dello Spirito Santo».
Il Pontefice, nella sua ricca omelia di questo giorno di festa, presenta a tutti i cristiani le dinamiche che genera la Rivelazione: essa «attira verso Dio e invia agli altri. È una forza che attira a Dio, come accaduto a quei giovani pescatori, folgorati dalle parole di Gesù; ed è una forza che invia agli altri, come per Giona, che va verso quanti sono lontani dal Signore. La Parola, dunque, attira a Dio e invia agli altri. Attira a Dio e invia agli altri: ecco il suo dinamismo. Non ci lascia chiusi in noi stessi, ma dilata il cuore, fa invertire la rotta, ribalta le abitudini, apre scenari nuovi, dischiude orizzonti impensati». Il Papa ne parla, a partire dalla pagina odierna del Vangelo, quella di Marco (1,14-20), sottolineando gli aneliti che la Parola custodisce e, dunque, il desiderio stesso di Dio: «Come per i primi discepoli, che accogliendo le parole di Gesù lasciano le reti e cominciano un’avventura stupenda, così anche sulle rive della nostra vita, accanto alle barche dei familiari e alle reti del lavoro, la Parola suscita la chiamata di Gesù. Egli ci chiama a prendere il largo con Lui per gli altri. Sì, la Parola suscita la missione, ci fa messaggeri e testimoni di Dio per un mondo pieno di parole, ma assetato di quella Parola che spesso ignora. La Chiesa vive di questo dinamismo: è chiamata da Cristo, attirata da Lui, ed è inviata nel mondo a testimoniarlo. Questo è il dinamismo nella Chiesa».
Tuttavia, di fronte alla Parola proclamata, la libertà umana può accogliere la salvezza o rifiutare l’invito di Dio-Trinità-Amore; il Pontefice ce lo ricorda, con forza: «tante volte ascoltiamo la Parola di Dio, entra in un orecchio ed esce dall’altro: perché? Forse perché, come ci mostrano questi testimoni, bisogna non essere “sordi” alla Parola. È il nostro rischio: travolti da mille parole, ci lasciamo scivolare addosso pure la Parola di Dio: la sentiamo, ma non la ascoltiamo; la ascoltiamo, ma non la custodiamo; la custodiamo, ma non ci lasciamo provocare per cambiare. Soprattutto, la leggiamo ma non la preghiamo». I discepoli – protagonisti del racconto odierno – invece, abbandonarono il loro precedente stile di vita e seguirono il Maestro: «Lasciarono. Che cosa hanno lasciato? La barca e le reti, cioè la vita che avevano fatto fino a quel momento. Tante volte fatichiamo a lasciare le nostre sicurezze, le nostre abitudini, perché rimaniamo impigliati in esse come i pesci nella rete. Ma chi sta a contatto con la Parola guarisce dai lacci del passato, perché la Parola viva reinterpreta la vita, risana anche la memoria ferita innestando il ricordo di Dio e delle sue opere per noi. La Scrittura ci fonda nel bene, ci ricorda chi siamo: figli di Dio salvati e amati. […] I discepoli, dunque, lasciarono; e poi seguirono – lasciarono e seguirono: dietro al Maestro fecero passi in avanti. Infatti la sua Parola, mentre libera dagli ingombri del passato e del presente, fa maturare nella verità e nella carità: ravviva il cuore, lo scuote, lo purifica dalle ipocrisie e lo riempie di speranza».
L’esortazione finale di Francesco, carica della gioia dell’annuncio di salvezza, sprona all’accoglienza, alla custodia e all’incarnazione della Parola di Dio: «Fratelli e sorelle, la Domenica della Parola di Dio ci aiuti a tornare con gioia alle sorgenti della fede, che nasce dall’ascolto di Gesù, Verbo del Dio vivente. Mentre si dicono e leggono in continuazione parole sulla Chiesa, ci aiuti a riscoprire la Parola di vita che risuona nella Chiesa! Altrimenti finiamo per parlare più di noi che di Lui; e tante volte al centro rimangono i nostri pensieri e i nostri problemi, anziché Cristo con la sua Parola. Ritorniamo alle sorgenti per offrire al mondo l’acqua viva che non trova; e, mentre la società e i social accentuano la violenza delle parole, noi stringiamoci alla mitezza della Parola di Dio che salva, che è mite, che non fa rumore, che entra nel cuore».
Anche durante la preghiera dell’Angelus, il Santo Padre ha ricordato a tutti la vocazione e missione che ogni persona di buona volontà ha ricevuto: quella di annunciare e testimoniare la misericordia divina; egli ha affermato: «il Signore ama coinvolgerci nella sua opera di salvezza, ci vuole attivi con Lui, ci vuole responsabili e protagonisti. Un cristiano che non è attivo, che non è responsabile nell’opera dell’annuncio del Signore e che non è protagonista della sua fede non è un cristiano o, come diceva mia nonna, è un cristiano “all’acqua di rose”». E ha concluso le proprie riflessioni con queste espressioni: «Chiediamoci allora: io mi soffermo ogni tanto per fare memoria della gioia che è cresciuta in me e attorno a me quando ho accolto la chiamata a conoscere e a testimoniare Gesù? E quando prego, ringrazio il Signore per avermi chiamato a rendere felici gli altri? Infine: desidero far gustare a qualcuno, attraverso la mia testimonianza e la mia gioia, far gustare quanto è bello amare Gesù?».
Questa celebrazione della Domenica della Parola di Dio susciti – dunque – in ciascuna e in ciascuno un nuovo desiderio di Dio e della redenzione universale!