Si è svolto in questi giorni a Roma dal 9 al 16 settembre presso il Congresso Internazionale degli oblati benedettini, giunto quest’anno alla sua quinta edizione: un congresso che ha visto arrivare presso la Badia Primaziale di Sant’Anselmo sull’Aventino 150 oblati provenienti da 25 paesi. Il titolo dell’incontro era: Andare avanti, vivendo la saggezza della Regola, un’ampia riflessione ampia su come vivere nei nostri tempi il carisma benedettino, in che modo diffonderlo, soprattutto fra i giovani e come sperimentare sempre meglio i pilastri della tradizione monastica: la preghiera delle ore, la lectio divina e la direzione spirituale.
L’oblato benedettino è, come si legge nello Statuto degli oblati benedettini secolari italiani, il cristiano, uomo o donna, laico o chierico che, vivendo nel proprio ambiente familiare e sociale, riconosce e accoglie il dono di Dio e la sua chiamata a servirlo […] ispirando il proprio cammino di fede e oblazione ai valori della S. Regola e della Tradizione spirituale monastica.
Momenti salienti del Congresso sono stati gli incontri con i tre relatori: Sr. Marie Madeleine Caseau, O.S.B. priora di Sainte Bathilde in Francia, con la conferenza dal tema: “Esplorare le esigenze formative per il futuro”; l’Abate di San Paolo fuori le mura D. Donato Ogliari con una meditazione sul tema: “Vivere la nostra vocazione di oblati nel 21° secolo” e l’Abate Primate D. Gregory Polan, che ha riflettuto su come “Ampliare la missione dei monasteri che serviamo. I workshop e i momenti di confronto si sono alternati ad alcune uscite, con l’intento di ripercorrere i passi del Patriarca del monachesimo occidentale e pregare alla sua tomba: Subiaco e Montecassino le mete privilegiate. Venerdì 15 settembre gli oblati sono stati ricevuti in udienza privata dal Santo Padre. In quest’occasione Papa Francesco ha pronunciato un discorso agli oblati, elogiando la grande eredità di santità e di sapienza di cui essi, insieme ai monaci, sono depositari e invitandoli “a continuare a dilatare il cuore, e a consegnarlo ogni giorno all’amore di Dio, non smettendo mai di ricercarlo, di testimoniarlo con passione e di accoglierlo nei più poveri che la vita vi fa incontrare”. Ricerca di Dio, passione per il Vangelo e ospitalità sono i tre aspetti della dilatazione del cuore: “credo che questo cuore dilatato sia il segreto della grande opera di evangelizzazione che il monachesimo benedettino esercita, e a cui voi vi votate come oblati, “offerti” sulle orme del grande Santo Abate”.
Gli oblati benedettini sono chiamati ad essere ricercatori di Dio, dedicandosi a una
“costante ricerca di Dio, della sua volontà e delle meraviglie che Egli opera” nella sua Parola, di attraverso la lectio divina quotidiana. Ma anche nel creato, negli eventi quotidiani e nei fratelli e nelle sorelle che incontriamo si scorge il Dio che parla.
L’oblato è un appassionato testimone del Vangelo, specialmente nel contesto odierno, “globalizzato ma frammentato, frettoloso e dedito al consumismo, in contesti in cui le radici familiari e sociali sembrano a volte quasi dissolversi”. La vita degli oblati, che si rifanno a San Benedetto, “è donata, piena, intensa. Come i monaci, che bonificano i luoghi dove vivono e scandiscono le giornate con operosità, così anche voi siete chiamati a trasformare, là dove vivete, i contesti di ogni giorno, operando come lievito nella pasta, con competenza e responsabilità, e al tempo stesso con mitezza e compassione”. Il modello di vita monastica, improntata all’ora et labora, è stata la grande e pacifica testimonianza che ha permesso di irradiare il Vangelo “nella vita attraverso la vita”.
L’ospitalità è il terzo tratto caratteristico della tradizione benedettina. Nella Regola San Benedetto scrive esplicitamente: «Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto” (Mt 25,35)» (n. 1). “Venit hospes, venit Christus. E continua specificando alcuni atteggiamenti concreti da assumere nei confronti degli ospiti da parte di tutta la comunità”: la preghiera, il dono della pace, la parola e solo allora il pasto. “E poi Benedetto parla anche di chi sono gli ospiti “di riguardo”, dicendo: «Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare»”. Gli oblati, come personoe che vivono nel mondo, hanno come proprio monastero “la città, il luogo di lavoro, e lì siete chiamati a essere modelli di accoglienza nel rispetto di chi bussa alla vostra porta e nella predilezione per i poveri” e sono chiamati a superare la tentazione è chiudersi. Nella società attuale, segnata da egoismo, individualismo e indifferenza, uno dei modi per chiudersi all’altro è il chiacchiericcio; da qui l’esortazione del Santo Padre: “Per favore, come benedettini la vostra lingua sia per lodare Dio, non per chiacchierare degli altri. Se fate la riforma di vita di non sparlare mai degli altri, avrete aperto la porta alla vostra causa di canonizzazione! Andate avanti su questo”.
Concludiamo con la preghiera recitata più volte dagli oblati in queste intense giornate di lavori e confronti:
“Misericordioso e Santo Padre, dacci la sapienza per scoprirti; l’intelligenza per comprenderti; la pazienza per aspettarti; gli occhi per vederti; un cuore per meditare su di te; e una vita per annunciarti, attraverso la potenza dello Spirito di Gesù Cristo, nostro Signore”.