In una Europa segnata da crescenti tensioni geopolitiche, disinformazione digitale e sfiducia verso le istituzioni democratiche, i vescovi cattolici d’Europa – attraverso il Segretariato della COMECE (Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea) – hanno pubblicato un contributo rilevante in risposta alla consultazione pubblica della Commissione Europea sullo “Scudo Europeo per la Democrazia”. Il documento, diffuso il 26 maggio 2025, non è solo un’analisi tecnica, ma una profonda riflessione etica e sociale sul significato stesso di democrazia, alla luce dell’antropologia cristiana e della Dottrina Sociale della Chiesa.
La COMECE è partner di dialogo delle istituzioni dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 17(3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. In tale veste, rappresenta la voce delle Conferenze Episcopali cattoliche con sede nell’UE su tutti gli aspetti relativi al progetto
europeo e alle politiche e legislazioni pertinenti
Una democrazia fondata sulla persona
La COMECE parte da un presupposto non negoziabile: la democrazia è autentica solo quando riconosce e promuove la dignità della persona umana. Come affermava san Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus, la Chiesa riconosce valore al sistema democratico se questo garantisce la partecipazione effettiva dei cittadini, la possibilità di controllo e alternanza del potere e il rispetto della legalità. Ogni deriva tecnocratica, ideologica o elitaria, che riduca la democrazia a una gestione ristretta del potere, ne snatura il senso profondo.
Disinformazione e manipolazione informativa: una sfida etica e politica
Tra le minacce più gravi alla democrazia europea, il documento individua la disinformazione e la manipolazione dell’opinione pubblica, specialmente quando orchestrate da attori esterni (FIMI – Foreign Information Manipulation and Interference). Citando Papa Francesco, le fake news sono “false informazioni basate su dati inesistenti o distorti, pensate per ingannare e manipolare”.
Per affrontare questa sfida, i vescovi propongono un approccio multilivello: cooperazione tra Stati e con le piattaforme digitali, promozione della trasparenza nella proprietà dei media, e un forte investimento nell’educazione critica dei cittadini. Ma avvertono: la lotta alla disinformazione non può trasformarsi in censura o delegittimazione di opinioni non allineate. Le autorità politiche – si legge nel testo – non devono diventare arbitri della verità. La libertà di espressione e di religione restano capisaldi di una società democratica.
La voce religiosa nello spazio pubblico
Un passaggio centrale del contributo riguarda la legittimità delle visioni religiose nella sfera pubblica e mediatica. Troppo spesso, avvertono i vescovi, i contenuti religiosi vengono censurati, fraintesi o bollati come “inappropriati”. È un errore che indebolisce il pluralismo democratico. La fede non è un ostacolo alla cittadinanza, ma una risorsa per il bene comune. Le istituzioni europee dovrebbero contrastare l’analfabetismo religioso crescente, favorendo una maggiore comprensione del ruolo positivo delle religioni nella coesione sociale e nella promozione della giustizia.
Per una partecipazione politica libera e consapevole
Il documento dedica ampio spazio alla questione dell’integrità elettorale. Le elezioni non devono essere solo formalità procedurali, ma espressione di una cittadinanza consapevole. Ciò richiede trasparenza nei finanziamenti ai partiti, tutela contro le interferenze esterne, e protezione dei candidati da violenze o minacce, crescenti in Europa. I cittadini devono riscoprire il valore etico del voto, esercitandolo in base alla propria coscienza e responsabilità.
L’educazione: fondamento della resilienza democratica
Il vero antidoto alla disinformazione e alla polarizzazione – sottolinea la COMECE – è l’educazione, intesa in senso ampio: scolastica, familiare, civica e spirituale. Educare significa formare coscienze capaci di pensiero critico, discernimento e responsabilità etica. Per questo, la Chiesa chiede che i genitori siano sostenuti nel loro diritto a educare secondo le proprie convinzioni, e che le scuole promuovano media literacy, dialogo interculturale e valori democratici.
Ma l’educazione, per essere efficace, deve coinvolgere anche l’arte, la comunicazione, i media, e valorizzare il contributo delle comunità religiose come luoghi di formazione alla cittadinanza solidale. In un’epoca dominata dall’algoritmo, è urgente insegnare ai giovani a distinguere tra informazione e manipolazione, tra opinione e verità.
Libertà accademica e pluralismo nella ricerca
Un’altra preoccupazione espressa riguarda l’autonomia delle istituzioni accademiche. La COMECE denuncia i rischi di una ricerca condizionata da vincoli ideologici o politici, o da criteri di finanziamento che escludano voci minoritarie. Il pluralismo scientifico e intellettuale è una garanzia di vitalità democratica, e non può essere sacrificato per obiettivi di conformità politica.
Partecipazione autentica e principio di sussidiarietà
Infine, il documento pone l’accento sul coinvolgimento diretto dei cittadini nei processi decisionali, rifiutando ogni forma di partecipazione simbolica o cosmetica. Le consultazioni pubbliche, i panel civici, le iniziative giovanili devono essere strumenti reali, non meri adempimenti formali.
La COMECE rilancia il principio di sussidiarietà, radicato nell’etica cristiana: ogni livello istituzionale deve rispettare e valorizzare le competenze delle comunità locali e nazionali. Il futuro della democrazia europea – si afferma – dipende dalla capacità dell’Unione di ascoltare, includere e far crescere una cittadinanza corresponsabile.
Una visione integrale della democrazia
In conclusione, i vescovi cattolici offrono una visione integrale della democrazia: non solo una questione di istituzioni e procedure, ma un cammino educativo, culturale e spirituale. La democrazia si difende non solo contrastando le minacce esterne, ma anche nutrendo la libertà interiore, la verità, la solidarietà e la partecipazione responsabile. In questo senso, lo “Scudo Europeo per la Democrazia” non può essere solo uno strumento tecnico: deve essere l’espressione di un progetto politico fondato sull’uomo e per l’uomo.